Aug 25 2015

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Sequenze di tag nel TagManager

autore: Marco Cilia categoria: tagmanager

Una delle più recenti e utili aggiunte al TagManager è quella delle “sequenze di tag“: si è sempre detto infatti che i tag lanciati sono tutti asincroni, e che il TagManager li lancia appena può. Questo è sempre vero, anche se in realtà esistono da tempo almeno alcuni strumenti che provano a mitigare il problema.

agganciare i tag a diversi eventi del TagManager: un tag agganciato a gtm.js verrà SEMPRE sparato prima di uno agganciato a gtm.dom, a sua volta lanciato prima di gtm.load. Si tratta di conoscere l’ordine con cui sono eseguiti i tre eventi fondamentali che avvengono sempre al caricamento di una pagina

– usare la “priorità di attivazione dei tag” nelle opzioni avanzate di un tag: di default i tag hanno tutti priorità 0, ma se si varia quel numero con uno maggiore, il GTM proverà a inviare prima quelli con il numero più alto. Nessuna garanzia di successo, in ogni caso…

– usare eventCallback o “hit richiamata”, che sono proprietà che hanno gli eventi su TagManager e i tag di Analytics: ogni volta che un push viene fatto o un tag GA viene eseguito, si può conoscere lo stato di OK o KO ed eseguire un altro comando. Maggiori dettagli in questo post di Simo Ahava

– giocare – pericolosamente – con catene di dataLayer.push(), custom HTML tag e attivatori specifici

L’opzione nativa di sequenza dei tag invece permette di specificare, dato un tag che chiameremo PRINCIPALE, un tag da eseguire PRIMA di esso (Simo li chiama setup tag) e un tag da eseguire DOPO di esso (cleanup tag). E’ possibile specificare se i tag dipendenti devono essere lanciati o no quando un tag non completa con successo il suo compito. Di default le opzioni dicono che non si blocca nulla, ma avete comunque la possibilità di variare la scelta. La cosa funzione anche per i tag di tipo custom HTML, anche se in maniera un po’ più complessa e tramite l’uso della nuova variabile HTML ID: per questo punto vi rimando direttamente al post di Simo che è sufficientemente articolato.

Poiché uno stesso tag può essere chiamato con un evento principale (ad esempio, l’apertura di una pagina) e anche come tag di setup e cleanup di un altro tag su un’altra pagina o di un evento sulla stessa pagina, si pone il problema di evitare gli invii multipli: questo compito è assolto da un’altra nuova opzione che si chiama “opzioni di attivazione del tag” e che presenta le seguenti scelte: illimitata (il tag viene sparato sempre), una volta per evento (il tag viene sparato solo una volta all’interno dello stesso evento GTM), una volta per pagina (il tag viene sparato solo una volta sulla pagina corrente).
Quest’ultima opzione ci viene in aiuto anche in altri casi particolari dove vogliamo evitare la duplicazione dell’invio di tag particolari (penso ad esempio ai contatori) nel caso in cui la configurazione corrente consenta di farlo; prima era necessario scrivere e duplicare parecchie regole ed eccezioni, adesso possiamo demandare questo lavoro direttamente al Google Tag Manager.


Aug 12 2015

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La trasformazione del report AdSense

autore: Marco Cilia categoria: report

Stando a quanto dichiarato qualche giorno fa dall’account ufficiale Google+ di Analytics, presto vedremo comparire nei nostri Google Analytics una nuova sezione all’interno del gruppo di report “comportamento”: si tratta dei report “publisher”. In sostanza i report AdSense vengono assorbiti dentro a questa nuova sezione, e per chi usa solo questa piattaforma non cambia nulla se non il nome dei report. Tuttavia, ci tiene a precisare Google, dentro a quei report possono finire – previo collegamento da fare tramite il pannello di amministrazione – anche le performance di Ad Exchange Seller
Purtroppo al momento vedo in un mio account i nuovi report, ma se provo ad iniziare la procedura di collegamento mi viene fuori sempre un errore di risorse non disponibili, per cui non riesco a dare dettagli aggiuntivi rispetto a quanto dice Google nel suo post.


Aug 02 2015

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Non ti funzionano più i filtri IP? colpa del garante :)

autore: Marco Cilia categoria: codice di monitoraggio

Una delle azioni che praticamente tutti si sono prodigati a mettere in atto, per trasformare il cookie di Google Analytics da profilazione terza parte a tecnico secondo le indicazioni del garante, è stata quella di anonimizzare l’invio dell’indirizzo IP completo ai server di Google. Io stesso sulle prime ho risposto a chi mi chiedeva quali fossero le conseguenze con un laconico “perdi un po’ di precisione nei report geografici, ma niente altro”.

Al fine di salvaguardare l’impegno preso Google invece procede ad eliminare l’ultimo ottetto degli indirizzi IP ricevuti insieme ai dati di GA prima possibile, in modo da ridurre praticamente a zero le possibilità di registrarlo da qualche parte. Con “prima possibile” purtroppo si intende PRIMA dell’elaborazione, quindi anche prima dell’applicazione dei filtri.

La cosa (“in nessun momento viene scritto su disco l’indirizzo IP completo“) è chiarita in modo limpido in questa pagina dell’help:

Ad esempio, l’indirizzo IP 12.214.31.144 potrebbe essere modificato in 12.214.31.0. Se l’indirizzo IP è un indirizzo IPv6, gli ultimi 80 bit dei 128 vengono impostati su zero. Solo al termine di questo processo di anonimizzazione la richiesta viene scritta su disco per l’elaborazione. Se viene utilizzato il metodo di anonimizzazione IP, in nessun momento viene scritto su disco l’indirizzo IP completo, in quanto tutta l’anonimizzazione avviene nella memoria quasi istantaneamente dopo che la richiesta è stata ricevuta.

Se quello fosse proprio l’indirizzo IP dei dipendenti di un’azienda che prima dell’anonimizzazione era filtrato da un normale filtro IP, di colpo il 144 non viene più trovato (è sostituito da 0) e il filtro smette di funzionare.

La soluzione “cambio 144 con 0 nel filtro” sarebbe praticabile, ma escluderebbe anche altri 255 indirizzi IP validi. Al momento vedo alcune altre soluzioni percorribili, ma quelle più solide comportano un discreto sviluppo per comprendere anche i casi più difficili (configurazioni di rete particolarmente complesse in aziende medio-grandi). Ovviamente il TagManager ci può venire in aiuto, ma è basato su javascript e javascript non conosce l’indirizzo IP del client dove gira, quindi serve comunque uno sviluppo più o meno complesso, sempre a seconda della complessità in gioco.
Per tutto il resto, prendetevela col garante 😀