Dec 24 2017

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“Utenti” in tutti i report, ma fate attenzione!

autore: Marco Cilia categoria: report

Qualche giorno fa il blog ufficiale di Analytics ci ha informato di alcune novità apportate al prodotto:

  1. introduzione della metrica “utenti” in molti report
  2. Lifetime value nel report esplorazione utenti
  3. Audience nei report
  4. Probabilità di conversione

Sono tutte cose molto interessanti, ma vorrei soffermarmi in particolare sulla prima. Le tre metriche standard dei report che seguono il modello Acquisizione/Comportamento/Conversione per la sezione Acquisizione al momento sono Sessioni, % nuove sessioni e nuovi utenti. Andando nelle impostazioni delle proprietà si potrà scegliere se abilitare il flag Abilita la metrica utenti nei report per far si che questo trittico cambi in Utenti, nuovi utenti e sessioni.

La prima nota è che la metrica di default diventerebbe Utenti, e così anche il grafico standard che adesso invece è impostato su Sessioni. In alcuni casi le due metriche hanno andamenti molto diversi, e la cosa ha un impatto visivo non da poco.

Users everywhere

La seconda nota è più importante, e ha a che fare con il campionamento. Come abbiamo detto più volte su questo blog, i report standard non sono mai campionati, tranne alcune notabili eccezioni. Ovvero, se apro un report che esce “così com’è” dalla mente degli ingegneri, e non applico segmenti o dimensioni secondarie (insomma, se non faccio fare calcoli a GA), il report non è campionato. Questo accade perché i calcoli vengono fatti in fase di analisi, e le metriche intermedie (giornaliere, tipicamente) vengono poi sommate per il periodo temporale che selezioniamo.

Ma quindi cosa succede se abilitiamo la nuova funzione?
Nella sostanza succede che stiamo cambiando lo schema di interrogazione dei dati, trasformiamo TUTTI i report in report non standard, quindi soggetti a campionamento. Questo accade per due motivi:

  1. la metrica utenti non si può sommare mai. Come ci ricorda il famoso problema dell’hotel, 1 utente ogni giorno non necessariamente sono 3 utenti in 3 giorni, potrebbe essere sempre lo stesso e “sommerebbe” 1. Nella pratica questo si traduce nell’impossibilità di precalcolare il numero di utenti di un qualsiasi periodo temporale.
  2. Per venire incontro a questo problema, Google Analytics sta “predigerendo” questa metrica in qualche modo che non mi è chiaro, ma non lo può fare per il passato. Hanno iniziato a farlo in un momento imprecisato del passato, ma qualsiasi interrogazione che vada a chiamare dati precedenti produce un calcolo, quindi potenzialmente produce campionamento.

In sostanza se le vostre analisi sommano spesso più di 500k sessioni o se avete l’abitudine di fare analisi su lunghi periodi temporali passati, potrebbe non convenirvi abilitare questa metrica. Per fortuna a quanto ne so la cosa è reversibile, quindi potete provare e semmai tornare indietro, fintanto che la cosa non sarà forzata dagli ingegneri.


Apr 06 2016

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Spia il singolo utente (ma teoricamente senza sapere chi sia :) )

autore: Marco Cilia categoria: generale

“posso seguire la navigazione di un singolo utente?” credo sia una delle domande che più spesso mi vengono rivolte durante i corsi di formazione.
La risposta è sempre stata NI:

  • SI, se riesci a creare un segmento che isola la sessione (o le sessioni) di un singolo utente, ammesso che Analytics non campioni pesantemente
  • NO, perché il risultato non è quel che ti aspetti: devi RICOSTRUIRE quel che fa, e spesso non c’è sequenzialità

Questo fino ad oggi, perché sta comparendo negli account di tutto il mondo il nuovo report Esplorazione utente (user explorer su interfaccia inglese): il nuovo report si presenta così (l’ho ordinato per Entrate e non per il default sessioni per renderlo più interessante)

user-explorer-panoramica

Questo report ci dice ad esempio che l’utente identificato dal cookie in riga 1 (e vi prego anche di notare che è la prima volta in assoluto che GA espone l’ID del cookie degli utenti) ha fatto una sessione da 22 minuti, durante la quale ha comprato per un valore di quasi 1200 euro e ha completato 4 goal (da cui il conversion rate del 400%, non è un errore 😀 ).

Se clicco su un record, ottengo una storia – eventualmente multisessione – molto puntuale sulle singole azioni di quel cookie. Ad esempio:

user-explorer-dettaglio

Posso filtrare anche solo le pageview (icona a forma di occhio), le transazioni (icona carrello), i goal (stelline) o gli eventi (campanella). Mi dice la data in cui il cookie è stato visto la prima volta, il canale con cui arrivò allora e con quale tipo di device. Ogni sessione contiene tutte le hit di quei 4 tipi indicati, e se l’utente ha fatto più sessioni esse sono riportate, con data e ora:minuto di ogni hit di ogni sessione. Inoltre posso anche selezionare una o più hit e creare un segmento per ritrovare tutti gli utenti con un comportamento uguale. Viceversa, se ho già creato un segmento a monte dell’apertura del report, esso riporta solo i cookie che sono in quel segmento.

Ora, cosa me ne faccio di questo report?
Beh, tante cose: innanzitutto si vedono a colpo d’occhio i cookie sospetti. Tipo così (dati di un GIORNO SINGOLO)

user-explorer-bot

dai, sul serio hai fatto 17 visite in un giorno ed erano tutte bounce? naaaah
In secondo luogo è un report cross-sessione, ed è molto utile per capire le sequenze di azioni degli utenti più interessanti, ad esempio segmentato per ENTRATE superiori a x mila euro.

Che limiti ci sono? ovviamente più grande è il numero delle vostre visite, più difficile diventa trovare dei singoli utenti da seguire. Poi il report è limitato a 10mila righe, a prescindere dal periodo temporale che si seleziona. Terzo, mi sembra di aver capito che la storia delle sessioni del singolo cookie non vada più indietro di 30 giorni.

La killer feature però c’è: se state usando un profilo USERID, allora tutto questo viene raggruppato per userID (e lo userID è esposto in chiaro). E mentre Google non sa chi sia l’utente abx6578re, voi sul vostro CRM invece lo sapete benissimo 🙂


Feb 14 2016

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back to basics: la voce (altro) nei report

autore: Marco Cilia categoria: report

Se siete abbastanza fortunati da avere un sito molto grosso, o se al contrario siete funestati da problemi SEO con migliaia di pagine duplicate o decine di parametri inutili e diversi negli URL, ci sono buone probabilità che vi siate imbattuti nella voce (altro) nei vostri report dei contenuti.
In realtà la voce (altro) può comparire in qualsiasi report, a seconda della sua cardinalità: la cardinalità di un report è il numero di diverse combinazioni di dimensioni (righe) del report stesso, per cui il report “tipo del visitatore” ha cardinalità 2 (può avere solo due righe, “new” o “returning”), il report del tipo dispositivo ha cardinalità 3 (desktop, tablet e mobile), quello dei channel di default ha cardinalità massima 11 (Direct, Organic Search, Social, Email, Affiliates, Referral, Paid Search, Other Advertising, Display) e così via.

Ora, il report “tutte le pagine” all’interno dei contenuti può avere cardinalità elevatissima, e caricare un report del genere sarebbe mortale per le performance del sistema Google Analytics (e per la vostra pazienza nell’attesa 🙂 ), quindi gli ingegneri hanno limitato la VISUALIZZAZIONE del report a 50.000 righe univoche per giorno (75mila se avete GA Premium). I primi 50mila URL in ordine di pagina visualizzate sono mostrati nel report, gli altri sono raggruppati nella voce (altro) (come avevamo già visto nel 2008, agli albori di questo blog).
Primo problema da risolvere: “posso, conoscendo uno specifico URL che so esistere ma non vedo nel report, tirarlo fuori con una ricerca?” la risposta è NO, non puoi. Se in un dato giorno un URL è in (altro), il numero di pageview che ha ricevuto fa parte del KPI riferito alla riga (altro) (insieme a tutte le altre URL comprese), ma non puoi isolare quel numero. Quel che puoi fare è giocare con le dimensioni secondarie, perché esse costringono il sistema a fare delle query e quindi a tirare fuori i dati dal database, ma di contro c’è la possibilità che così intervenga il problema del campionamento.
In ogni caso, se anche non campiona, quando GA fa una query non estrae mai più di 1 milione di record; il resto va di nuovo in (altro).
Se hai GA Premium e chiedi un report unsampled invece, hai il dettaglio di ogni singola riga del report sino a un massimo di 3 milioni di record.

Saliamo di un livello: come avviene questo fenomeno? qui dobbiamo rifarci un momento alla guida ufficiale in proposito, disponibile a questo indirizzo: voci di tipo (other) nei rapporti
Per accelerare la visualizzazione dei dati, in un dato giorno e per ogni report esiste una tabella preaggregata (già elaborata) che contiene i dati del report; questa tabella come abbiamo detto ha un limite di visualizzazione di 50mila righe, per cui per rifarci all’esempio nella pagina di help

supponiamo che il 1 marzo la pagina “/categorie/cappelli” si sia classificata al 49.999esimo posto tra gli URL più visitati con 3 visualizzazioni di pagina, ma il 2 marzo sia scesa al 50.001esimo posto con 1 visualizzazione di pagina. Se richiedi un rapporto di Google Analytics che includa entrambi i giorni, l’URL “/categorie/cappelli” viene visualizzato con 3 visualizzazioni di pagina perché la visualizzazione di pagina del 2 marzo viene integrata nella riga (other).

A seconda della posizione di ogni url nella “classifica” giornaliera, essi saranno o meno aggregati nella riga (altro), e quindi compariranno o meno nel report, ovvero saranno ricercabili liberamente. Il KPI totale è integro, i KPI degli URL visualizzati sono integri, il resto è aggregato in (altro).

Saliamo ancora di un livello: per accelerare anche i report su più giorni, GA preaggrega anche i dati in tabelle che contengono 4 giorni di dati, ma in questo caso il limite è 100mila righe (e non 200mila, come ci si potrebbe aspettare). Le tabelle di 4 giorni non sono, ovviamente, la somma algebrica delle quattro tabelle giornaliere, per questo motivo mi è di recente capitato un caso molto strano in cui i dati di un report di pageview di un singolo giorno fossero più alti dei dati per lo stesso report su più giorni, compreso quello iniziale. Quel timerange probabilmente prendeva una tabella di 4 giorni più una o due tabelle di giorni singoli, generando quell’errore nel macro KPI.

Mi rendo conto che è semplicissimo da visualizzare, soprattutto nei casi borderline in un alcuni URL fluttuano tra le ultime posizioni di un report giornaliero e l’essere aggregati in (other), o peggio quando questo non accade nelle tabelle dei giorni singoli ma invece accade nella tabella di 4 giorni, ma è un fenomeno che esiste e che potrebbe darvi dei grattacapi, quindi è bene conoscerlo 🙂


Dec 11 2015

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Smart Goals: lascia che Analytics decida le tue conversioni

autore: Marco Cilia categoria: generale

Se vi ricordate, ad aprile 2014 Google introdusse le liste di remarketing “smart”, ovvero liste create da un algoritmo per targhettizzare utenti ritenuti interessanti e con alta probabilità di convertire.
Oggi il blog ufficiale annuncia che una tecnologia simile, basata sul medesimo algoritmo di machine learning, è ora disponibile per creare Smart Goals (Obiettivi intelligenti nell’interfaccia italiana): ad ogni visita viene attribuito un punteggio, e le migliori vengono conteggiate come smart goal. Per farlo, l’algoritmo seleziona circa il 5% del miglior traffico AdWords e controlla comportamenti similari anche nel resto del traffico, determinando quindi le sessioni “migliori” da conteggiare negli obiettivi intelligenti.

I prerequisiti per usarli sono ovviamente aver collegato AdWords e Analytics, oltre al fatto di aver avuto nel mese precedente almeno 1000 click verso url inclusi nella vista dove si sta cercando di attivare gli smart goals. La view non deve ricevere più di 1 milione di hits al giorno (paradossalmente, gli utenti Premium hanno meno possibilità di usarli) e dovete aver abilitato la spunta nella condivisione dei dati dell’account con altri prodotti e servizi Google: sfortunatamente questo setting è quello più inviso al garante per la privacy sul tema cookielaw.

L’attivazione è abbastanza semplice, se avete tutti i requisiti necessari durante la creazione di un nuovo goal avrete la possibilità di selezionare “obiettivi intelligenti” come tipologia di goal; nessun altro setting necessario. La buona notizia è che in realtà il report relativo funziona già anche se non avete creato il goal (che comunque occupa uno dei 20 slot disponibili, esattamente come gli altri). Questo vi da la possibilità di comprendere come funzionerebbero già prima di attivarli. Perché allora consumare uno slot, direte? perché senza l’attivazione gli smart goal non possono poi essere importati su AdWords per ottimizzare le campagne, o per la creazione di custom report con la metrica apposita che viene creata.

Cosa ne dite, li attiverete o no?


May 15 2015

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Come NON configurare i goal

autore: Marco Cilia categoria: codice di monitoraggio,report

L’altro giorno mi sono imbattuto per l’ennesima volta in uno dei drammi peggiori del web analyst: un sito con un tasso di conversione del 264%. Ovvio, se fosse un ecommerce e tutto fosse perfetto ci sarebbe da stappare lo champagne, ma ovviamente nel 99,9% dei casi si tratta solo di grossolani errori di concetto. Per cui ho pensato che valesse la pena di fare un elenco più o meno esaustivo di cosa NON ANDREBBE fatto su un Analytics e di come eventualmente rimediare gli stessi dati senza distruggere le coronarie dell’analista 🙂

– non dovreste usare i tipi di goal pagine/visita e tempo sul sito
O almeno, non dovreste usarli impostando metriche molto basse. Questi tipi di goal sono stati introdotti pensando principalmente a siti di contenuto senza obiettivi precisi di lead generation, vendita, eccetera, per dare modo anche a loro di avere un conversion rate. Se però li impostate su “visite che durano più di 30 secondi” o peggio ancora “visite con più di una pagina vista” capite bene che le numeriche spesso sono altissime.
Cosa usare in alternativa:
Con dei segmenti impostati sulle stesse condizioni. In alcuni casi, a seconda della vostra configurazione, un goal “visite con più di due pagine” equivale esattamente al segmento predefinito “visite senza bounce”.

– non dovreste fare dei goal per chi aggiunge item al carrello
Di norma il goal è che le persone comprino, non che aggiungano cose senza comprarle. Diciamo che su questo potrei soprassedere, ma se avete numeriche importanti in tal senso alzate il conversion rate senza motivo. Un semplice evento è più che sufficiente, non disturba il conversion rate e consente comunque di segmentare, nel caso vogliate fare una lista di remarketing di coloro che hanno aggiunto item
Cosa usare in alternativa:
l’Enhanced Ecommerce ha una funzione pensata apposta per questo: un click, una chiamata a GA e va tutto nel report corretto.

– non dovreste fare goal per passaggi intermedi di navigazione
C’è chi configura come goal la visione di una scheda prodotto, e magari ci aggiunge un funnel per chi parte dalla homepage. Questo secondo me è il male (e infatti su Premium c’è addirittura la canalizzazione personalizzata, per ovviare). Un goal è sempre per un evento conclusivo di conversione.
Cosa usare in alternativa:
Dei semplici segmenti sequenza vanno più che bene

– non dovreste fare goal uguali con funnel diversi
Alcune volte mi capita di guardare degli account con dei goal configurati uguali ma con canalizzazioni diverse. E spesso la domanda conseguente è “perché segnano lo stesso conversion rate?”. Beh, perché i goal sono una cosa, la canalizzazione è un’altra. O per essere più precisi, NIENTE di quel che mettete nei passaggi della canalizzazione influisce sul conteggio dei goal.
Se faccio un goal+funnel così

A -> B -> thankyou

e un altro così

X -> Y -> thankyou

molti si aspettano che quando l’utente arriva sulla thankyou passando per A e poi B solo il primo goal venga valorizzato, ma non è così. Entrambi segnano un goal (conversion rate del 200%), il primo con la canalizzazione corretta, il secondo con ingresso dritto sulla thankyou.
Cosa usare in alternativa:
regular expression per specificare i passaggi del funnel. A|X -> B|Y -> thankyou
oppure anche qui segmenti sequenza.

Vi ci ritrovate?


Feb 11 2015

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Cosa sono le analisi coorte?

autore: Marco Cilia categoria: report

Apparse negli account già da qualche giorno, soltanto oggi la pagina Google+ di GA ci rende edotti del fatto che le analisi coorte sono tra noi: le analisi CHE???

Le cohort analysis sono analisi basate sul tempo che servono a mettere in relazione il comportamento degli utenti che hanno manifestato un certo tratto in comune in un dato lasso temporale. Più facilmente, di solito, si tratta di guardare all’evolversi di una metrica da parte degli utenti che sono stati insieme sul sito in un dato momento.

Se vi ricordate, era già possibile fare qualcosa di simile usando una delle ultime feature dei nuovi e potenziati segmenti avanzati:

Schermata 2015-02-09 alle 23.07.56

Le analisi coorte sono simili, ma godono di una rappresentazione visuale tutta loro, e molto carina.
Esempio classico, ovvero come si presenta il report appena lo aprite: NON potete selezionare il range temporale, perché le coorte comprendono già un arco temporale tutto loro (ultimi 7, 14, 21 o 30 giorni): di default gli ultimi 7 giorni escluso oggi. Al momento l’unica coorte possibile è sulla data di acquisizione, cioè il primo giorno del periodo. La dimensione può essere il giorno, la settimana o il mese, la metrica predefinita è la fidelizzazione, cioè il fatto che gli stessi utenti tornino o meno sul sito nei giorni (settimane, mesi) successivi.

Quindi come si legge il report? innanzitutto si noteranno due cose, la prima è che il totale degli utenti non corrisponde al totale degli utenti unici del report PANORAMICA per lo stesso periodo. La seconda è che quel numero è la somma dei singoli giorni. ORRORE, direte voi – lo sanno anche i bambini che i visitatori unici non si sommano mai (cfr. the hotel problem)! corretto, se non che quel numero in realtà NON è il mero numero di visitatori unici di ogni giorno, ma credo si avvicini di più al numero di nuovi utenti.

Per ogni riga quindi viene indicato quanti dei nuovi utenti ritornano negli n giorni successivi. Variando la metrica il report varia di conseguenza, e la colorazione delle celle anche.
Si tratta di un report molto importante, che acquista ancora maggiore valore se utilizzato in una vista che fa uso dello USERID di Universal Analytics, che quindi sorpassa il problema dei device multipli e della moltiplicazione degli utenti.


Nov 20 2014

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Più dati in una sola schermata

autore: Marco Cilia categoria: report

“ah, vedrai che ora con Premium aggiungeranno solo cose a pagamento”.
Se tenessi il conto delle volte che ho sentito questa frase dovrei usare le dita col sistema binario, ma la cosa più interessante è che ogni mese essa viene smentita dai fatti, ma si ripropone più o meno ciclicamente.

Da qualche giorno invece, in sordina, potete fare anche sulla versione free alcune cose nuove molto interessanti:

  • Potete creare custom report con CINQUE dimensioni annidate (prima erano quattro)
  • Potete creare custom report di tipo “tabella piatta” con CINQUE dimensioni primarie, e VENTICINQUE metriche (prima erano due dimensioni e non ricordo quante metriche)
  • Potete fare “traccia righe” con SEI dimensioni (prima erano quattro)

flat table

Personalmente ho già risolto un problema con le “nuove” flat table, niente di insormontabile prima, ma così ci ho messo pochi click 🙂


Nov 03 2014

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Nuovo report “treemap” su AdWords

autore: Marco Cilia categoria: report

Qualche giorno fa, tramite la sempre più attiva e sempre più ufficiale pagina Google+ – il team di Analytics ha annunciato l’arrivo nei nostri pannelli di un nuovo report AdWords: la treemap

treemap

In pratica è una mappa in 2D a due metriche, la prima è rappresentata con l’estensione dell’area dei quadrati, la seconda con il colore degli stessi. Ad esempio nell’immagine che linko sopra, il COSTO è dato dalla superficie dei quadrati: più è grande il quadrato più il costo sostenuto è elevato. Il tasso di conversione e-commerce è rappresentato dal colore: più è grande più il quadrato è verde. In questo modo balzano subito agli occhi le campagne con costi minori e migliori conversion rate. Le metriche inseribili nella treemap sono selezionabili tramite menu a tendina.

Come dicevo all’epoca dei benchmark report, credo che sia finalmente venuto il momento per GA di “osare” di più con le rappresentazioni grafiche, perché la mole di dati è ormai talmente grande che risulta difficile da analizzare tramite le classiche tabelle. Si è sempre e sempre si potrà esportare i dati e farsi le proprie visualizzazioni, ma avere già degli spunti in interfaccia non gusta mai.

Già che ci siamo, gli ingegneri hanno anche rilasciato un interessante sito, completamente open source (disponibile su GitHub): ga-dev-tools.appspot.com. Si tratta di un sito realizzato completamente allo scopo di dimostrare cosa è possibile fare con la piattaforma Google Analytics: dal collezionamento dei dati (ad esempio l’Enhanced Ecommerce) all’uso delle API, passando per strumenti come il query explorer o l’addon per Google Spreadsheet.
Il tutto sempre nell’ottica di migliorare il supporto a chi magari ha delle idee ma trova difficile iniziare ad applicarle. Il sito non è una guida passo passo, ma è sicuramente in grado di far capire cosa si può fare e di far vedere piccoli pezzi di codice utili per iniziare a farsi delle idee.


Sep 21 2014

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ROI R.I.P. welcome ROAS

autore: Marco Cilia categoria: report

Il titolo un po’ criptico fa seguito ad un post sulla pagina Google+ di GA, in cui si annuncia la sostituzione della metrica del ROI (Ritorno sull’Investimento) con quella del ROAS (Ritorno sulla spesa per annunci) all’interno dei report AdWords. La modifica dovrebbe già essere visibile a tutti.

La formula con la quale è calcolato il ROAS è (entrate ecommerce + valore obiettivo) / spesa. Nei report AdWords il numeratore è segmentato per i valori derivanti da visite con conversioni “ultimo clic non diretto” da AdWords. Questo è il motivo per cui la quasi totalità dei profili che vedo ha un ROAS con una certa percentuale che è comunque inferiore alla media del sito: la media è calcolata come totale entrate ecommerce / spesa AdWords, mentre il ROAS AdWords è entrate ecommerce da ADW / spesa ADW. Sarebbe 100% solo se TUTTE le entrate fossero attribuite ad AdWords.

Mi aspetto che il passo successivo sia introdurre la stessa metrica anche nei report “analisi dei costi”, in modo da poter calcolare il ROAS di qualsiasi attività di spending in advertising.

Altre novità interessanti sul fronte advertising sono elencate in questo post sul blog ufficiale, vediamole una per una:

  1. E ora possibile attivare i report demografici anche per le applicazioni mobili, e questo permetterà anche di fare migliori campagne di remarketing in-app, potendo segmentare anche per profili demografici.
  2. La creazione delle liste di remarketing dall’interfaccia di Analytics è ora stata semplificata; inoltre ora si possono importare template già fatti di liste di remarketing con lo stesso meccanismo di custom report, dashboard e segmenti, quindi usando la Solution Gallery
  3. C’è un nuovo report nella sezione AdWords, che misura l’efficacia dei target nella rete Display: a mia memoria è la prima volta che GA mostra un report con TRE dimensioni primarie. Si tratta più precisamente di Parola chiave per la rete display, campagna e gruppo di annunci. In verità la prima posso anche modificarla con Posizionamenti, Argomenti, Interessi e remarleting, età o sesso. L’applicazione di una dimensione secondaria porta a quattro il numero di colonne che elencano dimensioni nel report (e inizia anche a essere stretto da vedere su un monitor da 17 pollici :-/ )

clicca l’immagine per ingrandirla e renderti conto di quanto sia lungo il nuovo report 🙂

nuovo report target rete display


Mar 04 2014

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Content grouping per autore su WordPress

autore: Marco Cilia categoria: funzioni

La funzionalità di raggruppamento dei contenuti è una di quelle che più si presta a molteplici usi, vuoi per la varietà possibile di situazioni in cui si può usare (ecommerce, siti editoriali, blog, newspaper, qualsiasi cosa), vuoi per il fatto che i contenuti di uno stesso sito possono essere raggruppati in 5 modi diversi all’interno della stessa vista.

In un sito multi autore, magari basato sul popolare WordPress, un raggruppamento che va molto di moda è quello per autore, spesso implementato tramite variabili personalizzate; è un indicatore importante del successo degli articoli di uno stesso autore, utile per capire quali stili di scrittura più si adattano a diversi contenuti, dall’intercettare traffico organico all’avere maggiori condivisioni sui social network. Un altra tipologia di raggruppamento per WordPress è, naturalmente, quello per categoria.

Siccome non c’è bisogno di inventare nulla, ho trovato un post interessante che vi segnalo: l’ha scritto Ross Scrivener su highposition.com

Il primo passo consiste nell’andare nel pannello di amministrazione della vista in cui vogliamo far comparire i dati, selezionare Raggruppamento dei Contenuti e crearne uno con nome “Blog: Autore”, dopo aver selezionato il metodo di creazione, che sarà “attiva codice di monitoraggio”, in questo modo (clic per ingrandire):

WP-content-grouping-autore

Stessa cosa per il secondo gruppo, che si chiamerà “Blog: Categoria”, userà sempre il codice di monitoraggio, ma dovrà avere indice #2 (questo è importante, non sbagliate!).

A questo punto bisogna modificare il codice di monitoraggio di Google Analytics: daremo per assunto che si tratta di codice che avete incollato nel template del blog, se usate un plugin la cosa potrebbe richiedere altre modifiche. Se avete il codice nel template dovrete aggiungere un pezzo di codice prima di _trackPageview, in questo modo


_gaq.push(['_setAccount', 'UA-XXXXXX-X']);
<?php 
if (is_single()){
    echo "_gaq.push(['_setPageGroup', 1, '".get_the_author()."']);\n";
    $category = get_the_category();
    if ($category && !empty($category[0]->cat_name)){
        echo "_gaq.push(['_setPageGroup', 2, '".$category[0]->cat_name."']);\n";
    }
}
?>
_gaq.push(['_trackPageview']);

Se usate il Google TagManager il metodo migliore è quello di inserire queste informazioni nel dataLayer, usando questo codice:


dataLayer = [{
<?php 
if (is_single()){
    echo "'pageGroup1': '".get_the_author()."',\n";
    $category = get_the_category();
    if ($category && !empty($category[0]->cat_name)){
        echo "'pageGroup2': '".$category[0]->cat_name."'\n";
    }
}?>
  }];

Per usarla, nel vostro contenitore dovrete creare una macro come questa (clic per ingrandire)

WP-content-macro

e una uguale ma con nome e valore “pageGroup2”, e poi modificare il codice di monitoraggio di base aggiungendo queste opzioni (clic per ingrandire)

WP-content-GTM-base

salvare, creare una versione e pubblicare.

Nel post di Ross c’è un link ad una dashboard già pronta per mostrare queste nuove informazioni, in ogni caso nel report dei contenuti troverete il raggruppamento dei contenuti vicino alla selezione della dimensione primaria del report.