Sep 25 2013

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La fine del report delle keyword

autore: Marco Cilia categoria: generale

Alla fine è arrivato il fatidico giorno, il “giorno dell’apocalisse SEO” predetto da quell’Ottobre 2011, quando Google iniziò a eliminare le keyword passate negli url referrer per gli utenti loggati ad uno dei suoi servizi. La percentuale dei (not provided) – questo il cappello che racchiude tutte le visite SEO senza keyword in chiaro – è andata via via crescendo di mese in mese, e da qualche settimana è schizzata in alto, come conferma il sito notprovidedcount.com.

La motivazione ufficiale è che adesso Google ha forzato le ricerche su protocollo SSL anche per i non loggati, la realtà (come ha scritto su Google plus il buon Enrico Altavilla) è che Google ha semplicemente smesso di passare la keyword, togliendola da suo primo redirect interno: altrimenti non si spiegherebbe come mai le keyword sono perse anche nei passaggi SSL -> SSL, che invece teoricamente dovrebbero preservarle.
Comunque sia, presto il report delle keyword conterrà l’unica chiave (not provided) nel 99% dei casi di visite da Google, e quindi perderà il suo peso per l’analisi disaggregata di quei visitatori, a meno che non si intervenga con dei filtri per spostare il focus sulla landing page, ad esempio.

La lamentela che sento andare per la maggiore è relativa al fatto che le query di ricerca sono ancora passate quando si clicca un annuncio pubblicitario; questo viene visto come una mossa di Google per vendere più pubblicità AdWords. Può anche darsi, ma vorrei esporre un ragionamento – del tutto personale – rispondendo alla domanda come farei io se fossi Google:

il problema “di sicurezza” non è tanto se dare o non dare la chiave, ma QUANDO dare questa chiave. Posto che quando nel 2011 Google iniziò a oscurare le keyword qualcuno dimostrò fisicamente che era possibile risalire a nome e cognome delle persone loggate, nel momento in cui il click viene fatto e il referrer è passato al client c’è effettivamente questa possibilità: la visita, l’identità e la keyword sono nello stesso istante nello stesso browser.
Nel momento in cui invece viene cliccato un annuncio AdWords, viene passato solo un gclid, totalmente anonimo. In modo asincrono poi Google prende quel gclid e interroga AdWords, facendosi restituire la keyword comprata, e di contorno anche quella ricercata. In tutto questo passaggio – che peraltro avviene non nel momento della visita e avviene completamente lato server – l’identità e i cookie del visitatore non sono tirati in ballo. Quindi secondo me, almeno da questo punto di vista, la posizione di Google è legittima.

Detto questo anche a me dispiace che il report delle keyword diventi inutile, quantomeno perché ciò inficia sulla valutazione delle performance di brand. Ho sentito proporre anche cose fantasiose tipo “Google dovrebbe criptare le keyword in hash alfanumerici, in modo da preservare la disaggregazione quantitativa tra le chiavi”, ma se posso vedere la query iniziale e il risultato criptato, a lungo andare l’algoritmo può essere scoperto, e ovviamente cambiarlo porterebbe all’impossibilità di comparare i risultati su archi temporali lunghi.

Quindi temo che a meno di cambi di idee dell’ultimo minuto, dovremo tutti farcene una ragione 🙁


Nov 18 2012

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Universal Analytics per SEO: GA senza javascript

autore: Marco Cilia categoria: API

Una delle cose più belle (e incredibili, se ci pensiamo un attimo) di Universal Analytics è la possibilità di tracciare qualsiasi cosa, in qualsiasi modo, attraverso il Protocollo di Misurazione ideato dagli ingegneri di Google.
In buona sostanza fintanto che si inviano richieste nella forma corretta, Analytics le riceverà e le elaborerà proprio come ha sempre fatto. Il nuovo SDK per Android – se non ho capito male – si basa su questo tipo di interazione, valorizzando opportunamente i campi app name e il tipo di hit inviata.

Poiché non mi piace parlare di cose che non conosco, prima di scrivere qualcosa in proposito mi sono dotato di un accesso alla beta pubblica e ho “giocato” un pochino con la nuova funzione. Allo stato attuale dello sviluppo tracciare con analytics.js invece di ga.ja comporta poco più di un cambio di sintassi, e parecchie funzioni in meno da ricordare poiché molte cose possono essere configurate lato server. Ma non è questo il punto importante, perché subito dopo aver inviato una hit valida attraverso il javascript mi sono concentrato sul measurement protocol: volevo mandare una hit senza usare il file di Google.

E trattandosi di una API ufficiale, ovviamente funziona: ho inviato delle pagine viste e delle visite attraverso PHP, ancora prima che la pagina venisse mostrata al mio browser. Naturalmente l’ho fatto male, usando degli assunti che mi facevano comodo (ad esempio, un cookie col nuovo formato deve già essere presente nel browser) e con del codice che mi vergogno a mostrare, ma funziona, è fattibile.

Subito dopo mi sono interrogato sul come e sul quando questa cosa poteva dimostrarsi utile, dandomi alcune prime risposte, ma soprattutto pensando a una certa categoria di utenti che non accettano mai javascript e cookie: gli spider. Se è possibile inviare hit ad Analytics senza usare javascript (non è una novità, ma questo è il metodo ufficiale, che si presume molto più robusto e a lungo termine), allora un SEO potrebbe usare Universal Analytics per tracciare anche – o solo – gli spider, mimando esattamente le stesse informazioni contenute nei logfiles che è costretto ad utilizzare adesso. Potrebbe avere qualche vantaggio a farlo perché così potrebbe usare l’interfaccia di Analytics per le sue analisi, quindi segmentazione avanzata, dimensioni secondarie, report personalizzati… pensiamo un secondo soltanto al real-time, quali spider sono sul sito in quale momento (magari sapendo anche in base a quale avvenimento questo accade). Carino no?

Addirittura creando un hash che comprenda indirizzo ip, user agent e qualche altro parametro si potrebbe pensare di assegnare un ID differente per ogni spider, aumentando le possibilità di personalizzazione e i casi d’uso possibili. Insomma le possibilità sono tante, e la tecnica – ufficiale – adesso c’è: basta risolvere un paio di problemini e adattare il tutto alle proprie esigenze, ma non ci vedo particolari impedimenti. Credete che diventerà una pratica normale?

[a proposito di web analytics senza javascript, c’è chi lo dice da anni: “il futuro della wa è senza javascript?“]


Apr 18 2012

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Un altro modo per distinguere i (not provided)

autore: Marco Cilia categoria: report

Più il fenomeno delle keyword (not provided) aumenta e più le persone si ingegnano per contrastarlo. Non passa giorno senza che si legga qualcosa in merito, a volte sono cose banali, altre volte cose sensate, altre ancora metodi complicatissimi che tirano in ballo funzioni statistiche magari non alla portata di chiunque. Io ve ne parlo quando trovo qualcosa di interessante, e in questo caso il post di Barry Adams su State of Search lo è; è uno di quei post che mette in fila concetti noti, ed è utile perché è semplice.

La premessa è avere un sistema che tracci su Google Analytics la posizione della keyword: in passato ne abbiamo visti alcuni, altri ne potete trovare con delle ricerche su Google. Se avete dei profili-copia in cui avete keyword (posizione), allora avete già risolto la parte “difficile” del lavoro. Darò per scontato che sia così, diversamente rileggetevi il post che ho linkato poco sopra.

A questo punto il report delle keyword mostrerà un record per ogni posizione in cui si trovava la keyword estirpata da Google al momento di passarvi la visita, quindi avremo dei record con (not provided)(1) distinti dai (not provided)(3). Aggiungendo la dimensione secondaria “pagina di destinazione” e ordinando per quest’ultima ci ritroveremo con la situazione che mostra nello screeshot

keyword rank
key rank 2
key rank 3
key rank 4

Se la keyword (not provided) ha lo stesso ranking di una in chiaro, e anche la medesima landing page, ci sono buone probabilità che si tratti della stessa keyword. La cosa funziona meno per le pagine molto popolari, cioè quelle che attraggono visite con keyword molto variegate, come spiega Barry in fondo al suo post.

Qualunque tecnica si scelga, il primo passo da fare per provare e venire a capo dei (not provided) è quello di diluirli: con dimensioni secondarie, filtri o segmenti, analizzare un unico blocco è diverso da avere tanti piccoli record. Ci sono maggiori possibilità di controllarli e confrontarli.


Nov 17 2011

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Posizione delle keyword nelle variabili personalizzate

autore: Marco Cilia categoria: javascript

Quasi un mese fa su SEOmoz è apparso un articolo su come tracciare il ranking del sito usando le variabili personalizzate. Uno dei tanti della serie, direi, perché ciclicamente l’argomento ritorna (io stesso ne scrissi più di un anno fa). Segnalo questo perché è il primo che compare dopo la modifica al passaggio delle keyword per gli utenti loggati ai servizi Google, e quindi prova ad usare il metodo per “indovinare” quali siano queste keyword (not provided). Ma andiamo con ordine: innanzitutto propongo una modifica al suo codice, che presuppone una funzione e una chiamata sull’onload della pagina. Io farei tutto nello script di analytics, così


<script type="text/javascript">
var url = String(document.referrer);

var _gaq = _gaq || [];
_gaq.push(['_setAccount', 'UA-XXXXXXX-X']);
if (url.indexOf ("google") !=-1)
{  
  var urlVars = {};
  var parts = url.replace(/[?&]+([^=&]+)=([^&]*)/gi, function(m,key,value)
  { urlVars[key] = value; });
  // Push to GA Custom Variables
  _gaq.push(['_setCustomVar', '1', 'Rankings', urlVars["cd"], 1]);
}
_gaq.push(['_trackPageview']);

(function() {
var ga = document.createElement('script'); ga.type = 'text/javascript'; ga.async = true;
ga.src = ('https:' == document.location.protocol ? 'https://ssl' : 'http://www') + '.google-analytics.com/ga.js';
var s = document.getElementsByTagName('script')[0]; s.parentNode.insertBefore(ga, s);
})();

</script>

ho inoltre modificato il check sul referrer da “google.com” a “google”, altrimenti per google.it non funzionerebbe (e poi perché privarsi degli altri TLD?)

A questo punto le posizioni delle parole chiave si trovano dentro al report VSITATORI -> DATI DEMOGRAFICI -> VARIABILI PERSONALIZZATE, nella chiave 1 se avete usato lo script qui sopra o nella chiave corrispondente se la 1 era già occupata e avete deciso di usare un altro slot.
Il report così com’è elenca dei numeri, cioè le varie posizioni aggregate in cui il nostro sito è comparso nelle pagine dei risultati di Google, ma usando la dimensione secondaria impostata su PAROLA CHIAVE possiamo dividere ogni riga del report nella combinazione posizione-keyword (l’immagine è di SEOmoz)

rankings

L’utilizzo possibile di queste informazioni è molteplice: innanzitutto possiamo creare dei segmenti avanzati su gruppi di posizionamenti. Ad esempio:

SEGMENTO AVANZATO: posizioni da 1 a 3
Variabile personalizzata (chiave 1) CORRISPONDE ESATTAMENTE a Rankings
E
Variabile personalizzata (valore 1) CORRISPONDE ALL’ESPRESSIONE REGOLARE ^[1-3]$

è una segmento che individua solo le visite arrivate con keyword tra la prima e la terza posizione (dove per posizione si intende il conteggio dei link nella SERP, occhio a Universal Search che mette più di 10 posizioni su pagina 1!).

L’autore dell’articolo su SEOmoz però si concentra sulla provenienza geografica e sul tentativo di indovinare le keyword che Google Analytics presenta come (not provided). L’esempio che fa è questo: le keyword (not provided) dagli Stati Uniti sono in posizione #1 e #2, quindi dopo aver esportato su Excel sono in grado di restringere il mio dataset a quelle due posizioni e a quel paese.

ranking seomoz excel

Segmentando allora il report delle variabili personalizzate per landing page si vedrà dove atterrano questi (not provided) dalle posizioni #1 e #2, e segmentando poi il report delle keyword sempre per landing pages l’autore immagina che queste keyword nascoste abbiano a che fare con il suo nome, per il quale il sito compare appunto in prima e seconda posizione.

Questo ragionamento non mi fa impazzire di felicità, ve l’ho riportato per completezza, ma mi sembra un po’ empirico e soprattutto non sempre applicabile.


Oct 05 2011

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Integrazione coi Webmaster Tools per tutti

autore: Marco Cilia categoria: report

I periodi di beta privata prima o poi finiscono, ed oggi è il turno dei report che integrano i dati – alcuni dati – del pannello Webmaster Tools, che diventano disponibili per tutti.
I report sono identici a quanto vi avevo mostrato a Giugno, non è stata fatta alcuna aggiunta, ma conviene iniziare a prenderci un po’ la mano prima che i dati aumentino; nella nuova sezione SORGENTI DI TRAFFICO -> OTTIMIZZAZIONE PER I MOTORI DI RICERCA sono quindi disponibili 3 report:

  • Query: mostra le impression, i clic, la posizione media e il CTR (click through rate) delle prime 1000 query per volume di impressions in cui il vostro sito è comparso nei risultati del motore di ricerca
  • Pagine di destinazione: mostra gli stessi dati, ma divisi per URL della pagina di destinazione che compariva nelle SERP (pagine dei risultati) di Google
  • Riepilogo geografico: mostra impression, clic e CTR divisi per paese di provenienza delle ricerche.

Nell’ultimo report è interessante anche la tab PROPRIETA’ DI GOOGLE (pessima traduzione letterale di “Google property”) che ci indica su quale motore verticale sono avvenute le ricerche: Google Immagini piuttosto che Google Video eccetera…

Purtroppo questi dati non sono ancora disponibili per i rapporti personalizzati, perché la prima cosa che avrei voluto fare era un report che mettesse a confronto le keyword digitate su Google che fanno uscire il mio sito nei risultati con quelle effettivamente cliccate. Lo so che il CTR è esattamente quel che intendo, ma io volevo proprio il report comparato 🙂


Jun 08 2011

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Webmaster Tools dentro a GA

autore: Marco Cilia categoria: report

In via del tutto sperimentale e solo su richiesta – ormai sembra la regola per le nuove funzioni di Google Analytics – il team di GA ha reso disponibile in beta limitata la visione di alcuni dati del Google Webmaster Tool dentro all’interfaccia di Analytics

All’inizio ci saranno tre semplici report, nella sezione “sorgenti di traffico” -> “search engine optimization”, che consisteranno in un sommario, un report sulle query cercate su Google per le quali il nostro sito è apparso nelle pagine dei risultati e un report sulle pagine di destinazione di queste query.

nuovo report GWT

Naturalmente si potranno usare gli strumenti propri di Google Analytics per filtrare e visualizzare i dati e la presenza del pulsante “dimensione secondaria” – almeno stando allo screenshot – fa ben sperare sulle potenzialità di un tale oggetto.
Come diciamo da sempre, è Analytics il posto naturale dove confluiscono i dati dei vari pannelli di Google, e questo è un ulteriore passo verso l’agognata Business Platform.

Per richiedere l’accesso alla beta limitata è sufficiente complilare l’apposito form

Prima di chiedere vi invito a dare un ultimo sguardo allo screenshot postato qui sopra e preso dal blog ufficiale di Analytics: in alto a destra compare una scritta rossa che recita “make this version default“, cioè “rendi questa versione (la v5) quella predefinita”, ed è un link che noi comuni mortali non vediamo. Significa che probabilmente gli ingegneri di Google non decideranno a priori quando tutti dovranno passare alla nuove versione dello strumento, ma lo lasceranno decidere ad ognuno, facilitando la “scelta” infarcendo solo la versione nuova con le succulente chicche presenti e future (vi ricordo che anche i funnel multichannel – per chi bontà sua ha avuto l’accesso – e il report sulla velocità del sito sono disponibili solo con la versione v5).


Jan 09 2011

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GWT dice che Analytics mente?

autore: Marco Cilia categoria: generale

Analytics mente” è una frase che in qualche forma esce regolarmente sui blog di tutto il mondo. E durante le conversazioni. E nei seminari. E durante i corsi. Cioè sempre. Ma “mente” rispetto a cosa, se mi è permesso? mente rispetto a una qualche forma di “verità” assoluta, che dovrebbe essere – vediamo se indovino – il reale numero di visite e visitatori di un sito? ah si? e, di grazia, chi è che decide quale sia questo reale numero? perché dire “Analytics mente” sulla base di una sensazione è inaccettabile. Dirlo sulla base del fatto che un altro sistema di web analytics fornisce numeri differenti è una ovvietà, e dirlo sulla base di considerazioni su fattori tecnici insensati è una cosa ai limiti del ridicolo.

Anche se so che questo post mi farà indossare la maschera di “difensore d’ufficio”, voglio andare a commentare un articolo portatomi sotto gli occhi da Francesco Tinti su twitter: Google Webmaster Tools Expose Analytics Lies. Vediamo un po’ quali sono le tesi di Brian Ussery, autore dell’articolo:

  • BU: dopo aver indicizzato apples.html con keyword sulle mele, la redireziona con un 301 su oranges.html: Analytics dice che quella pagina riceve traffico attraverso ricerche con chiavi relativi a “mele”.
    MC: bella forza! i redirect 301 sono completamente trasparenti per GA. E se proprio devo dirla tutta, quel che accade è che una persona cerca “mele” e finisce sulla pagina oranges.html, quindi GA non sta nemmeno mentendo troppo.
  • BU: page1.html redirige con un 302 su page2.html, che redirige a su volta con un 301 su una pagina di un altro dominio: per GA tutto questo è invisibile.
    MC: non viene mai eseguito il codice di tracciamento di GA (le redirezioni avvengono infatti lato server), il comportamento di Analytics è tecnicamente ineccepibile
  • BU: se non si installa il codice di monitoraggio GA riporta traffico 0, mentre GWT riporta il reale traffico da Google.
    MC: GWT riporta il solo traffico da Google (e solo il traffico organico), ed è normale che sia così. Ci si sta peraltro perdendo tutto il resto del monitoraggio, campagne, cpc, altri motori, referral, traffico diretto, e tutto il resto dei dati che GA mette a disposizione
  • BU: se il sito va offline, GA riporta traffico 0 mentre GWT riporta che ci sono problemi.
    MC: GA è un servizio lato client, e il client non vede il sito. Un sistema di web analytics lato server si comporterebbe nello stesso modo (a seconda del tipo di down, ma tipicamente se il webserver è giù i log non sono collezionati). Se Brian vuole gli faccio un’ipotesi contraria e fantasiosa tanto quanto la sua: un sito con enormi problemi di indicizzazione è perfettamente online: GWT riporta zero visite, mentre GA ne riporta migliaia, da cpc e visite dirette. Chi è che mente? 🙂

Quello che Brian intendeva dimostrare, a mio avviso piuttosto goffamente, è che GA non è un sistema adatto ai SEO; e su questo siamo perfettamente d’accordo: sebbene io stesso abbia in passato illustrato dei metodi e dei report utili ai fini dell’addetto al posizionamento (qui, qui e qui, tanto per citarne tre), non ho mai detto che quelli erano gli unici strumenti necessari; il vero SEO sa benissimo che il suo unico e migliore amico è l’analizzatore di logfiles.
Affermare che “Webmaster Tools dice la verità e Analytics mente” è una sciocchezza colossale: sono due sistemi destinati ad usi differenti, che in alcuni casi sono utilizzati dalle medesime persone e per finalità simili, ma che usano dati ed espongono situazioni che spesso non sono lontanamente paragonabili.
Semplicemente, il suo post non ha nessun senso!


Oct 01 2010

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GA per SEO: Posizione in SERP nelle variabili personalizzate

autore: Marco Cilia categoria: javascript

Ieri mentre ero in treno un twit mi ha avvisato di questo post di SEOmoz sull’uso di Google Analytics ai fini del tracciamento della posizione sulle SERP di Google. Niente di nuovo in realtà, se non che questa volta invece di modificare le keyword o inserirle nei valori definiti dall’utente, si preferisce l’uso delle variabili personalizzate, che l’autore indica come più appropriate e flessibili rispetto alle altre soluzioni.

La prima cosa che ho notato è che Mike Pantoliano, l’autore, utilizza una parte di codice php, quindi lato server, per estrarre il parametro dal referrer. La mia obiezione è stata che si poteva fare benissimo in javascript e integrarlo meglio con Google Analytics, ma non potevo scrivere un post tecnico in treno. Ovviamente nei commenti è subito intervenuto Richard Baxter, collega di Joost De Valk e ha postato il codice javascript necessario. Per cui su quello mi concentrerò, anche se Joost che l’ha ripreso in un post lo considera ancora sperimentale:


if (document.referrer.search(/[\?|&]cd=/) != -1
  && document.referrer.search(/google\./) != -1) {
  var rank=document.referrer.match(/[&|\?]cd=([\d]+)/);
  _gaq.push(['_setCustomVar',3,'rank',rank[1],2]);
}

questo pezzetto di javascript si occupa di controllare se il referrer è google e se è presente un parametro cd=. Se le due condizioni sono verificate, inserisce nella coda dei comandi asincroni di Google Analytics la chiamata a _setCustomVar. Nell’esempio scrive il valore nello slot 3, ma ovviamente potete modificarlo come meglio vi pare. Il codice può essere inserito ovunque, ma comunque prima della chiamata a trackpageview o prima di un trackevent.

Rispetto allo snippet di Joost, ho preferito settare lo scope della setCustomVar a 2 (sessione) in modo da non generare possibili problemi. Alla fine della sessione lo slot viene svuotato e ritorna disponibile per la visita successiva dell’utente, che può di nuovo arrivare da una SERP. Diversamente potrebbe tornare con una visita diretta e portarsi dietro il valore “vecchio”

Alcune interessanti analisi che SEOmoz propone sono il ranking segmentato per città, paese, continente, per mostrare le differenze di posizionamento in varie parti del mondo, oppure l’analisi del bounce rate per posizione. Il fatto che anche le variabili personalizzate siano legate al tempo permette inoltre di poter fare raffronti di posizionamento in differenti periodi temporali. Inoltre con un segmento avanzato potete facilmente isolare i gruppi di keyword per posizione, o per range di posizione. Sempre nel post suggeriscono di creare un segmento per le posizioni 11-15, che – tolto Universal Search – sarebbero le prime cinque di pagina 2 e che ben si prestano a ricevere attenzione nel migliorare il posizionamento per farle salire a pagina 1. A proposito di Universal Search, vi ricordo che il parametro cd= numera in ordine TUTTI i risultati di una SERP, link, immagini e video compresi, come avevamo già avuto modo di dire tempo fa giocherellando con le immagini.

Comunque guardando questa foto (sempre by SEOmoz) avrete tutto più chiaro
universal search


Sep 30 2009

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GA per SEO: traccia tutto in una mossa, con gli eventi

autore: Marco Cilia categoria: codice di monitoraggio

A margine del post di aggiornamento sul metodo per tracciare il posizionamento sono venuto a conoscenza di un altro strumento per Google Analytics che i SEO penso troveranno utile. Si tratta di un unico file javascript che tramite gli eventi – quindi senza inflazionare il numero di pagine viste – si occuperà di:

  • tracciare il numero di referral dai diversi motori: Google, Yahoo, AOL, Live, MSN
  • distinguere gli arrivi dai diversi siti Google, compresi i verticali come Google News, Reader, eccetera
  • trovare il posizionamento medio per ogni estensione nazionale di Google
  • tirare fuori le keyword e altre informazioni utili dagli arrivi via Google Immagini

Importante da tenere a mente: Anche questo sistema, per quel che concerne il posizionamento, agisce solo ed esclusivamente sui referrer generati dai datacenter google che hanno già subito l’aggiornamento, cioè quelli i cui indirizzi delle pagine di risultato hanno il cancelletto #

Per usarlo è sufficiente scaricare il file seopositionplus.js dal sito di abtesting, copiarlo sul proprio server ed aggiungere la riga


<script src="seopositionplus.js" type="text/javascript" language="javascript"></script>

subito dopo il codice di tracciamento di Analytics, eventualmente modificando l’indirizzo del file secondo necessità.
La schermata dentro agli eventi si presenterà all’incirca così:
schermata eventi

e la parte relativa al posizionamento è dentro a “SEO Google Position”. Dentro a “SEO Google TLD” ad esempio c’è la parte relativa agli arrivi tramite le estensioni nazionali del motore di ricerca.
Come giustamente fanno notare nei commenti del post, è doveroso ricordarvi che un evento conta come un’azione, per cui l’uso di questo sistema avrà un impatto decisamente pesante sul vostro bounce rate. Il mio consiglio è quello di creare un altro profilo (non un profilo copia, che condivide lo script di tracciamento, proprio un altro profilo).


Sep 21 2009

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GA per SEO: tracciare il posizionamento II

autore: Marco Cilia categoria: filtri

André Scholten ha scritto su yoast.com un aggiornamento del suo metodo per tracciare il posizionamento delle parole chiave nelle SERP (le pagine dei risultati) di Google. E per me è doveroso darvene comunicazione, in modo che anche voi possiate fare le relative modifiche, se avevate letto soltanto il mio post relativo. L’aggiornamento è necessario perché Google sta introducendo un nuovo url delle SERP che veicolano traffico verso i siti, basato su tecnologia AJAX, che riporta come informazione aggiuntiva anche la posizione del link al momento del click.

Nel caso in cui stiate mettendo il piedi il metodo per la prima volta, vi ricordo che è necessario creare un profilo-copia, perché i primi due filtri sono distruttivi nei confronti di tutto il traffico che non proviene da Google organico. Una volta fatto il nuovo profilo-clone, si possono creare e applicare i primi due filtri descritti nel vecchio post (Ranking 1 e Ranking 2), e dopo aggiungere il terzo

Ranking 3:
filtro personalizzato – avanzato
campo A -> estrai A: Termine della campagna (.*)
campo B -> estrai B: Referral (\?|&)cd=([^&]*)
Output in -> Constructor: Definito dall’utente $A1 (posizione: $B2)
Campo A obbligatorio: si
Campo B obbligatorio: si
Sostituisci campo di output: si
maiuscole/minuscole: no

(che in realtà noi conosciamo già, ve l’ho descritto in questo post).
Questi tre filtri insieme mostrano il posizionamento, e la cosa vale per tutti coloro che cliccano un risultato dopo aver fatto una ricerca su un datacenter che è già stato aggiornato. Le SERP che implementano il cosiddetto “universal search” non sono da meno. Nel post su yoast, André fa l’esempio di una ricerca per “pizza Amsterdam”, la cui parte superiore della pagina dei risultati è monopolizzata da una mappa e dai risultati del Local Business Center. Un eventuale click sul primo risultato “classico” porterà come posizione 11, e non 1, perché Google li elenca così (è una cosa che avevamo già trattato parlando del tracciamento delle immagini nelle SERP).

Discorso inverso invece per i sitelink, che inviano un numero compreso tra 1 e 8 a seconda della posizione in cui si trovano all’interno della voce che li contiene. Se siete fortemente interessati ai sitelink, André propone di creare un ulteriore profilo-copia, applicare i tre filtri menzionati sopra, e di aggiungerne uno (che si chiama erronamente Ranking 5 solo perché era presente un quarto filtro eliminato dopo alcuni commenti di attenti lettori):

Ranking 5:
filtro personalizzato – includi
Campo filtro: Referral
Pattern filtro: oi=(oneline_sitelinks|smap)

oneline_sitelinks sono i sitelink su una riga, smap quelli “classici” su due colonne. Includendo questo filtro gli unici risultati che vengono mostrati nel profilo sono quelli relativi ai sitelink, pertanto vi permette di fare accurate analisi su quali e quanto essi vengano cliccati.

Come chicca finale – che non conoscevo – André dice che le ricerche fatte sulle declinazioni nazionali di Google (quindi tutte le versioni tranne google.com) hanno un ulteriore parametro meta= che indica quale tra le tre scelte è stata fatta dal navigatore sulle opzioni “Cerca: nel web, pagine in italiano, pagine provenienti da: Italia”

tre_opzioni

Creando l’ennesimo profilo-clone ed applicando il filtro

Web/Lingua/Paese
filtro personalizzato – avanzato
campo A -> estrai A: Referral (\?|&)meta=([^&]*)
Output in -> Definito dall’utente $A2

avrete anche la possibilità di capire in che percentuale vengono usate quelle tre opzioni per arrivare al vostro sito. Avete visto a quante domande si può dare risposta con Google Analytics? 😉