Jan 13 2016

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La dimensione “dimensione del browser”

autore: Marco Cilia categoria: report

Il sempre ottimo blog di e-nor qualche giorno fa ha postato una cosa interessante: è disponibile la dimensione “browser size” nei report (nell’interfaccia italiana si chiama “dimensione del browser”).
Che GA collezionasse questo dato è noto da tempo; possiamo infatti risalire sino a questo post del 2012 e all’uso che ne fecero con il non brillante report “dimensione del browser” all’interno dei non brillanti report di InPage Analytics.

Ora, qualcuno a Mountain View deve averci pensato sopra e deve aver detto “che diamine, lasciamo che le persone ne facciano un po’ quel che gli pare, esponiamo il dato come semplice dimensione”. Detto fatto, tra le dimensioni secondarie ecco comparsa “dimensione del browser“. Attenzione, la dimensione del browser è diversa dalla risoluzione dello schermo: specialmente su schermi grandi è difficile che gli utenti navighino con browser a schermo pieno, e in ogni caso il viewport (lo spazio effettivo per il contenuto) non sarebbe lo stesso uguale allo schermo.

La prima considerazione saltata in mente ai ragazzi di e-nor è “usiamola per vedere chi genera visite fraudolente”, ad esempio con degli iframe a 0 pixels tipici degli affiliation più subdoli. Come vedete dal loro screenshot, si tratta di un fenomeno reale

Il loro consiglio è quello di raggruppare tramite un filtro tutte le dimensioni sospette, per avere il colpo d’occhio della situazione.

La seconda intuizione è nei commenti su Google+: “possiamo usare questa informazione per combattere i ghost referral“? si e no.
Si, perché se fate due prove vedrete che alcuni ghost referral rientrano nella regular expression suggerita: ^0x|x0$
Si, perché altri (molti) ghost referral hanno semplicemente (not set) come dimensione del browser
No, perché anche visite legittime hanno (not set): non sono molte, ma se a GA non arriva quell’info mentre le atre si, ci scrive (not set).
No, perché anche questa dimensione può essere inviata tramite measurement protocol ( si veda qui ) quindi tra qualche tempo gli spammer bypasseranno anche questo blocco

I benefici sono quindi tutti in termini di studio della UI/UX e di effettiva visibilità degli elementi in pagina.


Dec 11 2015

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Smart Goals: lascia che Analytics decida le tue conversioni

autore: Marco Cilia categoria: generale

Se vi ricordate, ad aprile 2014 Google introdusse le liste di remarketing “smart”, ovvero liste create da un algoritmo per targhettizzare utenti ritenuti interessanti e con alta probabilità di convertire.
Oggi il blog ufficiale annuncia che una tecnologia simile, basata sul medesimo algoritmo di machine learning, è ora disponibile per creare Smart Goals (Obiettivi intelligenti nell’interfaccia italiana): ad ogni visita viene attribuito un punteggio, e le migliori vengono conteggiate come smart goal. Per farlo, l’algoritmo seleziona circa il 5% del miglior traffico AdWords e controlla comportamenti similari anche nel resto del traffico, determinando quindi le sessioni “migliori” da conteggiare negli obiettivi intelligenti.

I prerequisiti per usarli sono ovviamente aver collegato AdWords e Analytics, oltre al fatto di aver avuto nel mese precedente almeno 1000 click verso url inclusi nella vista dove si sta cercando di attivare gli smart goals. La view non deve ricevere più di 1 milione di hits al giorno (paradossalmente, gli utenti Premium hanno meno possibilità di usarli) e dovete aver abilitato la spunta nella condivisione dei dati dell’account con altri prodotti e servizi Google: sfortunatamente questo setting è quello più inviso al garante per la privacy sul tema cookielaw.

L’attivazione è abbastanza semplice, se avete tutti i requisiti necessari durante la creazione di un nuovo goal avrete la possibilità di selezionare “obiettivi intelligenti” come tipologia di goal; nessun altro setting necessario. La buona notizia è che in realtà il report relativo funziona già anche se non avete creato il goal (che comunque occupa uno dei 20 slot disponibili, esattamente come gli altri). Questo vi da la possibilità di comprendere come funzionerebbero già prima di attivarli. Perché allora consumare uno slot, direte? perché senza l’attivazione gli smart goal non possono poi essere importati su AdWords per ottimizzare le campagne, o per la creazione di custom report con la metrica apposita che viene creata.

Cosa ne dite, li attiverete o no?


Aug 25 2015

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Sequenze di tag nel TagManager

autore: Marco Cilia categoria: tagmanager

Una delle più recenti e utili aggiunte al TagManager è quella delle “sequenze di tag“: si è sempre detto infatti che i tag lanciati sono tutti asincroni, e che il TagManager li lancia appena può. Questo è sempre vero, anche se in realtà esistono da tempo almeno alcuni strumenti che provano a mitigare il problema.

agganciare i tag a diversi eventi del TagManager: un tag agganciato a gtm.js verrà SEMPRE sparato prima di uno agganciato a gtm.dom, a sua volta lanciato prima di gtm.load. Si tratta di conoscere l’ordine con cui sono eseguiti i tre eventi fondamentali che avvengono sempre al caricamento di una pagina

– usare la “priorità di attivazione dei tag” nelle opzioni avanzate di un tag: di default i tag hanno tutti priorità 0, ma se si varia quel numero con uno maggiore, il GTM proverà a inviare prima quelli con il numero più alto. Nessuna garanzia di successo, in ogni caso…

– usare eventCallback o “hit richiamata”, che sono proprietà che hanno gli eventi su TagManager e i tag di Analytics: ogni volta che un push viene fatto o un tag GA viene eseguito, si può conoscere lo stato di OK o KO ed eseguire un altro comando. Maggiori dettagli in questo post di Simo Ahava

– giocare – pericolosamente – con catene di dataLayer.push(), custom HTML tag e attivatori specifici

L’opzione nativa di sequenza dei tag invece permette di specificare, dato un tag che chiameremo PRINCIPALE, un tag da eseguire PRIMA di esso (Simo li chiama setup tag) e un tag da eseguire DOPO di esso (cleanup tag). E’ possibile specificare se i tag dipendenti devono essere lanciati o no quando un tag non completa con successo il suo compito. Di default le opzioni dicono che non si blocca nulla, ma avete comunque la possibilità di variare la scelta. La cosa funzione anche per i tag di tipo custom HTML, anche se in maniera un po’ più complessa e tramite l’uso della nuova variabile HTML ID: per questo punto vi rimando direttamente al post di Simo che è sufficientemente articolato.

Poiché uno stesso tag può essere chiamato con un evento principale (ad esempio, l’apertura di una pagina) e anche come tag di setup e cleanup di un altro tag su un’altra pagina o di un evento sulla stessa pagina, si pone il problema di evitare gli invii multipli: questo compito è assolto da un’altra nuova opzione che si chiama “opzioni di attivazione del tag” e che presenta le seguenti scelte: illimitata (il tag viene sparato sempre), una volta per evento (il tag viene sparato solo una volta all’interno dello stesso evento GTM), una volta per pagina (il tag viene sparato solo una volta sulla pagina corrente).
Quest’ultima opzione ci viene in aiuto anche in altri casi particolari dove vogliamo evitare la duplicazione dell’invio di tag particolari (penso ad esempio ai contatori) nel caso in cui la configurazione corrente consenta di farlo; prima era necessario scrivere e duplicare parecchie regole ed eccezioni, adesso possiamo demandare questo lavoro direttamente al Google Tag Manager.


Jun 14 2015

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TagManager vendor template

autore: Marco Cilia categoria: tagmanager

Uno dei due ingegneri a capo del Google Tag Manager – Brian Kuhn – ha da poco annunciato una novità molto importante: il prodotto ora introduce uno standard aperto per la creazione dei template dei tag, e soprattutto demanda ai singoli vendor la loro creazione tramite un processo di iscrizione – submit, testing&verifica e approvazione: il tag template program.

Se avete mai fatto delle installazioni un po’ corpose avrete usato quasi sicuramente tag di Analytics e AdWords: per essi ci sono dei comodissimi template che rendono il lavoro veloce, facile e praticamente a prova di errore. Se avete aggiunto dei tag diversi (Criteo fino a qualche tempo fa, ma anche solo un conversion pixel di Facebook al quale passare la revenue di un acquisto) avrete dovuto giocare con i tag HTML custom, con il rischio di perdere tempo nel capire come mai il tag non funzionava o peggio il contenitore non validava. Una volta ho perso più di mezz’ora su un tag HTML custom perché mancava un apostrofo su migliaia di caratteri.

Questo da ora in poi potrebbe ridursi, perché ogni strumento di marketing che richiede tag ha la possibilità di iscriversi al programma e di creare in autonomia i suoi template, che dopo essere stati validati da Google saranno resi disponibili agli utenti di tutto il mondo. La prima infornata di questi nuovi tag comprende:

  • Affiliate Window
  • Ve Interactive
  • Neustar
  • Eularian
  • Mouseflow
  • Nudge
  • SearchForce
  • TradeDoubler
  • Google Consumer Surveys

Il Tag Manager vuole diventare uno strumento sempre più facile da gestire e alla portata di tutti, e questa mossa sono certo che vada nella direzione giusta


Apr 06 2015

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Piccole ovvietà che vi cambiano la vita

autore: Marco Cilia categoria: generale

A volte anche un post di poche righe, scritto sul blog ufficiale, può farci gioire tanto. Ad esempio l’ultimo, di una settimana fa, in cui si annuncia una cosa tanto piccola e banale quanto dirompente: la pagina delle Release Notes ufficiali di Google Analytics!

Le Release Notes sono la lista dei cambiamenti introdotti nello strumento, ordinate per data. Quante volte gli annunci sono stati fatti sul blog ufficiale, o sulla pagina Google+ del team di GA, oppure semplicemente NON sono stati fatti, lasciando che le persone scrivessero le loro impressioni su nuove feature apparse in Google Analytics? troppe, esatto, per questo motivo accolgo con gioia anche io l’arrivo di una pagina nella quale le novità sono elencate ufficialmente.

Mettetela nei bookmark! 🙂


Feb 11 2015

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Cosa sono le analisi coorte?

autore: Marco Cilia categoria: report

Apparse negli account già da qualche giorno, soltanto oggi la pagina Google+ di GA ci rende edotti del fatto che le analisi coorte sono tra noi: le analisi CHE???

Le cohort analysis sono analisi basate sul tempo che servono a mettere in relazione il comportamento degli utenti che hanno manifestato un certo tratto in comune in un dato lasso temporale. Più facilmente, di solito, si tratta di guardare all’evolversi di una metrica da parte degli utenti che sono stati insieme sul sito in un dato momento.

Se vi ricordate, era già possibile fare qualcosa di simile usando una delle ultime feature dei nuovi e potenziati segmenti avanzati:

Schermata 2015-02-09 alle 23.07.56

Le analisi coorte sono simili, ma godono di una rappresentazione visuale tutta loro, e molto carina.
Esempio classico, ovvero come si presenta il report appena lo aprite: NON potete selezionare il range temporale, perché le coorte comprendono già un arco temporale tutto loro (ultimi 7, 14, 21 o 30 giorni): di default gli ultimi 7 giorni escluso oggi. Al momento l’unica coorte possibile è sulla data di acquisizione, cioè il primo giorno del periodo. La dimensione può essere il giorno, la settimana o il mese, la metrica predefinita è la fidelizzazione, cioè il fatto che gli stessi utenti tornino o meno sul sito nei giorni (settimane, mesi) successivi.

Quindi come si legge il report? innanzitutto si noteranno due cose, la prima è che il totale degli utenti non corrisponde al totale degli utenti unici del report PANORAMICA per lo stesso periodo. La seconda è che quel numero è la somma dei singoli giorni. ORRORE, direte voi – lo sanno anche i bambini che i visitatori unici non si sommano mai (cfr. the hotel problem)! corretto, se non che quel numero in realtà NON è il mero numero di visitatori unici di ogni giorno, ma credo si avvicini di più al numero di nuovi utenti.

Per ogni riga quindi viene indicato quanti dei nuovi utenti ritornano negli n giorni successivi. Variando la metrica il report varia di conseguenza, e la colorazione delle celle anche.
Si tratta di un report molto importante, che acquista ancora maggiore valore se utilizzato in una vista che fa uso dello USERID di Universal Analytics, che quindi sorpassa il problema dei device multipli e della moltiplicazione degli utenti.


Jan 27 2015

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TOTALE! Anche GA ora ha il suo “cestino”

autore: Marco Cilia categoria: generale

A quanti di voi è mai successo di cancellare una vista (ne ho visti tantissimi), una property (meno, ma erano dolori) o un account (me ne hanno raccontato uno, una volta)?
La procedura per recuperarli è sempre esistita, con restrizioni più o meno ampie, ma era farraginosa e necessitava l’assistenza di un partner certificato Google Analytics, o qualche santo in terre AdWords/Analytics.

Poco fa il team ha annunciato che invece, a partire da adesso (ma se fossi in voi non sperimenterei tanto per fare… 😛 ) le cose cancellate finiranno per 35 giorni in un “cestino” ispezionabile a livello di account, da dove si potranno poi recuperare. Una feature che allinea il prodotto agli standard cui ormai siamo abituati da anni su Gmail e Google Drive, ad esempio.
Per i più curiosi ecco l’articolo dell’help con i dettagli, ma attenzione, secondo me c’è un errore: nell’esempio 3 la dinamica iniziale è identica all’esempio 1, ma il risultato diverso poiché di vuole restorare una vista. Credo che in realtà l’esempio che volessero fare sia questo:

  • V2 è spostata nel cestino. Successivamente, Account A è spostato nel cestino. Ripristinare V1 automaticamente ripristinerà P1 e A1, ma non V2. V2 rimane nel cestino.

In ogni caso, una bella funzionalità, che come al solito vedremo comparire negli account progressivamente, nel giro di qualche settimana.


Nov 20 2014

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Più dati in una sola schermata

autore: Marco Cilia categoria: report

“ah, vedrai che ora con Premium aggiungeranno solo cose a pagamento”.
Se tenessi il conto delle volte che ho sentito questa frase dovrei usare le dita col sistema binario, ma la cosa più interessante è che ogni mese essa viene smentita dai fatti, ma si ripropone più o meno ciclicamente.

Da qualche giorno invece, in sordina, potete fare anche sulla versione free alcune cose nuove molto interessanti:

  • Potete creare custom report con CINQUE dimensioni annidate (prima erano quattro)
  • Potete creare custom report di tipo “tabella piatta” con CINQUE dimensioni primarie, e VENTICINQUE metriche (prima erano due dimensioni e non ricordo quante metriche)
  • Potete fare “traccia righe” con SEI dimensioni (prima erano quattro)

flat table

Personalmente ho già risolto un problema con le “nuove” flat table, niente di insormontabile prima, ma così ci ho messo pochi click 🙂


Oct 20 2014

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Esporta e importa configurazioni dal TagManager (e nuova interfaccia)

autore: Marco Cilia categoria: tagmanager

Qualche giorno fa è stata svelata al pubblico la nuova versione dell’interfaccia del Google Tag Manager, uno strumento sempre più popolare ed interessante per velocizzare il digital marketing moderno. Le novità sono tante, ma una in particolare è passata completamente inosservata nei post che ho visto in giro: da adesso è possibile esportare e importare intere configurazioni. Tutti voi dovreste vedere una nuova voce nel menu attuale del GTM:

GTM-export

L’export avviene in formato JSON, mentre l’import può comportare due opzioni:

  • L’import sostituisce completamente il contenitore corrente
  • L’import unisce il contenitore importate con quello corrente

Oltre che essere utile per la migrazione all’interfaccia nuova, che vedremo tra poco, questo consente anche di avere un contenitore “repository” con tutto lo scibile che si può mettere a disposizione, e di usarlo velocemente per creare configurazioni alle quali basta poi togliere le feature inutili. Attualmente infatti ogni nuova configurazione riparte da zero.

Per quanto riguarda le altre novità, una strettamente collegata è l’introduzione delle API del TagManager. Ad esempio l’ottimo Simo Ahava ha già prodotto un primo “clonatore” di configurazioni, oltre a dun visualizzatore delle dipendenze di tag e regole. Come sempre, Google ha capito che fare un’API darà ampio respiro al prodotto e permetterà a molte persone di guadagnare dei soldi, man mano che le esigenze e le soluzioni aumenteranno.

E veniamo all’interfaccia, completamente rinnovata: la cosa più semplice è provarla andando su tagmanager.google.com, avendo bene in testa però che non esiste un processo di migrazione dei contenitori. Attualmente quindi avete due possibilità:

  • Continuate ad usare la vecchia interfaccia per i vecchi contenitore e la nuova per i futuri
  • Usate l’export e l’import per migrare alla nuova versione

In futuro, ha già chiarito Brian Kuhn su Google+, ci sarà la possibilità di fare opt-in per un processo di migrazione automatica, quindi niente paura!
Le novità principali sono:

  • gestione di account e contenitori in stile “Google Analytics”, nella sezione Admin: le colonne e le icone vi risulteranno molto familiari. Anche la possibilità di filtrare per nome “al volo” sarà molto utile a che gestisce decine o centinaia di account (uno a caso, ad esempio 🙂 )
  • overview migliorata, con il differenziale delle modifiche non ancora andate online. Questo può salvare ore di lavoro, perché ogni tanto ho visto fare modifiche nella bozza del contenitore, provarle in preview e dimenticarsi di pubblicare per il resto del mondo!
  • le regole ora si chiamano TRIGGERS, e funzionano leggermente in modo diverso da prima. Ovvero i triggers hanno sempre almeno due condizioni per essere definiti: CHE EVENTO si sta aspettando e DOVE lo si sta aspettando (definito tramite un filtro)
  • i tag di listener non esistono più: sono stati resi impliciti nel fatto che se ho un trigger di tipo EVENTO CLICK sulla pagina X, allora dovrà per forza esserci anche un listener di click. Keep it simple! 🙂
  • le macro ora si chiamano VARIABILI. Ha molto più senso così, non s’era mai capito perché la scelta di quel nome niente affatto parlante per i profani. In aggiunta, le variabili create automaticamente dal GTM quando si crea un contenitore possono essere nascoste, se non servono.

All’inizio ho trovato un po’ spiazzante la nuova interfaccia, ma sto iniziando ad abituarmici. Vi consiglio di fare delle prove perché non si tratta di un passaggio completamente “liscio”, secondo me. E’ in ogni caso un deciso passo nella direzione giusta. Prossimamente mi aspetto l’introduzione delle “cartelle” di tag, per mettere ordine negli account più grossi, una migliore gestione del multi-utente, con permessi differenziati per team distribuiti e magari anche un processo di approvazione multi-livello.

Sempre in tema di novità segnalo anche il rifacimento dell’estensione di Chrome “Tag Assistant“. Qui al momento continuo a preferire la versione vecchia, ma chissà…


Sep 12 2014

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A volte ritornano: riecco il benchmarking

autore: Marco Cilia categoria: report

Non tutte le ciambelle riescono col buco, e alcune volte i report di Analytics vengono ritirati. Se non bastano le lamentele sparse su forum e gruppi di discussione, una rapida occhiata alle statistiche di Google Analytics SU Google Analytics (ebbene sì, è una specie di Matrix 🙂 ) è in grado di dire agli ingegneri “questo report non se lo fila nessuno”.

Questa sorte è probabilmente accaduta al vecchio report del benchmark, che però rivive oggi in una forma tutta nuova e, permettetemi di dire, bella sgargiante! Il blog ufficiale infatti ci informa che nelle prossime settimane tutti avrete accesso alla nuova funzionalità, che sarà attivata se e solo se avete preventivamente deciso di condividere anonimamente i vostri dati con Google (Amministrazione -> impostazioni dell’account -> “anonimamente con Google e altri”).

benchmarking-v2

Quando tutti saranno abilitati nella sezione di report PUBBLICO comparirà una nuova sottocategoria, tradotta in italiano con “Analisi comparativa“. Al suo interno, tre report:

  1. Canali: è il report che vedete nello screenshot sul post ufficiale. La dimensione impostata è Channel, le metriche sono le classiche ABC (Acquistion, Behavior, Conversion) e ogni cella è colorata con tonalità dal verde al rosso, a seconda che il risultato ottenuto dal nostro sito sia migliore o peggiore del campione di paragone. Il colore si può eliminare, così come la numerica di comparazione. In questo senso trovo il report molto bello e agevole da leggere, e spero che questa visualizzazione venga estesa anche in altre parti dello strumento.
  2. Località: qui la dimensione principale è il paese/zona di provenienza degli utenti
  3. Dispositivi: dimensione principale è categoria del dispositivo (desktop, tablet, mobile)

Interessanti le metriche che è possibile posizionare sul grafico: oltre alle metriche secche ci sono anche metriche “dedicate”, tipo “differenza % nuove sessioni rispetto al benchmark”. Infine, la domanda principale: contro chi o che cosa sto confrontando i miei dati? in testa ad ogni report sono presenti 3 grandi selettori, uno dedicato all’industry (o vertical, come amano dire gli inglesi) – e ne potete scegliere una tra circa 1600 – uno dedicato al Paese/Regione (no, in Italia niente province, mentre in Francia ad esempio si) per filtrare i dati e uno dedicato alla dimensione dei siti in base al traffico giornaliero (da siti piccoli 0-100 visite al giorno a siti enormi da oltre centomila visite al giorno). Nessuno mi vieta di confrontare il mio piccolo ecommerce di ferramenta con un colosso giapponese di articoli da giardino, ma avrebbe poco senso. I valori stimati da GA all’inizio dovrebbero essere più che sufficienti…
In ogni caso dopo aver modificato i valori di riferimento, Analytics mostra un avviso che indica quante properties fanno parte del benchmarking per quella particolare selezione. Sempre utile per tenere a mente il contesto.