Jan 15 2010

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il futuro della wa è senza javascript?

autore: Marco Cilia categoria: web analytics

Qualche giorno fa mi ero messo a scrivere un post in cui sostanzialmente mi chiedevo quanto potesse essere vera l’affermazione che feci qualche tempo fa in occasione della presentazione del tracciamento dei siti mobile tramite script lato server; mi chiedevo se Google Analytics avrebbe abbandonato del tutto l’uso di javascript. Il post non mi soddisfaceva, e l’ho cestinato, ma oggi mentre riordinavo le bozze ho trovato questo articolo di Paul Legutko, datato settembre 2009: Web analytics without javascript? in cui si dice che la previsione secca “javascript sparirà entro cinque anni” è addirittura di Yahoo.

Ad alcune considerazioni ammetto di non aver pensato, sono interessanti. Vediamole:
– mobile. Ho appena detto che la soluzione di Google per il mobile non usa javascript, ma un pezzo di codice lato server (asp, php, eccetera). E’ vero che il supporto a javascript da parte degli smartphone è in costante ascesa, ma perché un colosso come big G – che pure ha fatto del tracking code javascript di Analytics una colonna portante – non crede in questa tecnologia portata sui cellulari?
– integrazione dei dati. Praticamente tutti i sistemi di tagging “sparano” i dati in un datacenter remoto; che sia Google, Webtrends o Omniture importa poco, perché l’esigenza sempre più sentita oggi è quella di integrare i dati della web analytics con tutti gli altri messi a disposizione dalla Business Intelligence. Allora perché inviare i dati per poi cavarli di nuovo fuori? è un processo poco razionale, se ci pensiamo…
– cookie. L’attenzione sempre maggiore verso la privacy e la sicurezza degli utenti online porta quasi sempre a puntare anche il dito contro i cookie. Secondo l’autore dell’articolo la percentuale di rifiuto dei cookie è tra il 3 e il 7%, a seconda della tipologia di sito preso in considerazione. Addirittura, alcuni software antivirus tracciano come “non pericolosi” i cookie traccianti dei sistemi di web analytics, ma ne consigliano comunque la cancellazione.

In passato si è parlato ogni tanto di Flash come sostituto di javascript, poiché Flash è leggero e presente su quasi tutti i computer che navigano in rete, ma è anche vero che ultimamente si sente dire che Flash morirà a causa di HTML5 (ok, in rete si sente dire di tutto, ma stiamo ragionando abbastanza in astratto…). In uno dei commenti al post viene invece suggerito il packet sniffing lato server, ovvero l’apertura di tutti i pacchetti a livello TCP che vengono inviati dal server ai visitatori del sito, in modo da carpire tutte le informazioni che normalmente vengono affidate allo script di tracciamento. Questa però è una soluzione che non è affatto alla portata di tutti, certamente non semplice quanto copiare e incollare un pezzo di codice in tutte le pagine di un sito.
Sia come sia, ritengo difficile pensare di tornare ai file di log, almeno non nella forma in cui li abbiamo conosciuti (e in qualche caso ancora conosciamo). Cinque anni sono un tempo enorme in informatica, e può darsi che la prossima generazione di sistemi di web analytics utilizzerà una tecnologia che non è stata ancora inventata; il dibattito però è affascinante, ed ancora una volta potenzialmente in grado di ribaltare completamente il settore.


Nov 24 2009

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La mia presentazione al RWME

autore: Marco Cilia categoria: web analytics

Io e Avinash al RWME

Ho avuto l’onore di fare una presentazione subito dopo Avinash Kaushik al Rimini Web Marketing Event 2009. E’ stata una emozione fortissima, e anche una fonte enorme di stress nei giorni precedenti. Per quanti non fossero presenti, riassumo qui i contenuti.

Il futuro della web analytics: orizzontale o verticale?

Dopo aver fatto un brevissimo riassunto di cosa è stata e cosa è oggi la web analytics, poiché non puoi capire chi sarai se non sai chi sei – ho iniziato a tratteggiare alcuni aspetti coi quali dovremo fare i conti prima o poi, partendo da una citazione di Eric Peterson.
La prima questione posta riguarda l’orizzontalità o la verticalità dei prossimi sistemi di WA: con sistema verticale indico strumenti in grado di analizzare nicchie particolari o ambiti molto ristretti e specifici (ad esempio BandMetrics, per i gruppi musicali e le case discografiche, o le statistiche demografiche della fan page su Facebook), con strumenti orizzontali indico sistemi omnicomprensivi in grado di analizzare la nostra presenza sul web più o meno ovunque essa si manifesti (le suite complete di Webtrends e Omniture, ad esempio). Poiché oggi usiamo troppi codici per tracciare tutto, e questo è male sia per noi che per gli utenti, la strada sembra abbastanza tracciata in favore dei sistemi orizzontali, perché spesso non ci servono strumenti diversi, ma viste diverse sugli stessi dati. Tra l’altro ho portato l’esempio di MeasureMap e Feedburner, due strumenti verticali che oggi sono integrati in Google Analytics e che lo rendono più orizzontale.

Integrazione

Altra questione interessante per il futuro della WA è l’integrazione dei dati: se torniamo all’esempio precedente, ha senso sapere che ho 20000 persone sulla fan page di Facebook e 15000 sul sito se poi non sono in grado di capire se 3/4 sono le stesse persone?
Ieri l’integrazione dei dati veniva fatta manualmente su Excel, oggi sono disponibili delle API che permettono di astrarre di un livello l’operazione, domani quando le fonti saranno ancora più numerose i sistemi di WA dovranno prendersi in carico l’onere di decidere un formato condiviso per l’integrazione e dovranno essere fornite di API bidirezionali, poiché non è detto che tutto vada integrato nel medesimo posto per tutti, le necessità saranno molteplici.

Manipolazione

Oggi la web analytics è sostanzialmente descrivibile con un diagramma di flusso: raccolta dei dati grezzi, analisi e memorizzazione, reportistica. Con il crescere delle fonti e delle necessità potrebbe diventare sempre più reale l’esigenza di manipolare direttamente i dati (grezzi o memorizzati, ma comunque prima della fase di reportistica). La manipolazione di ingenti quantità di dati richiede però potenza di calcolo e capacità di storage, che quindi si tramutano in costi infrastrutturali, richiede la presenza di qualcuno che si occupi di decidere quali sono le viste sui dati interessanti, e soprattutto si presta ad errori di manipolazione, che sono potenzialmente molto dannose per le decisioni di business legate alla web analytics.

Video Analytics

Che i video siano ormai un grande veicolo di marketing e fonte di visite è cosa nota, e come tutte le cose che hanno a che fare con il marketing e la promozione, i risultati vanno misurati. Al momento Youtube fornisce qualche informazione tramite Insights, ma non è abbastanza. Shinystat ha in corso di brevetto una tecnologia per mostrare i punti di interesse sul video, sicuramente interessante, ma visto che in futuro non si potrà prescindere dal video, non si potrà prescindere dalla video analytics. Oggi analizziamo video in molte forme (su portali terzi come Youtube, Vimeo, ecc o sui nostri siti, sia “statitici” che in streaming) ma sappiamo sempre a priori che un video ci sarà. Domani avremo bisogno di tracciare anche streaming che partono in tempo reale (avete mai usato Qik o Livestream?).
Inoltre alcuni banner evolveranno in video, quindi sarà necessario analizzare anche il comportamento degli utenti su di essi e comunque video professionali richiedono un budget generoso e meritano un calcolo molto puntuale del ritorno dell’investimento.

Mobile Analytics

Il web fruito da mobile ha tassi di crescita elevati e una penetrazione dilagante, complici gli abbassamenti dei costi di connessione. Per contro quasi tutti i fruitori di smartphone evoluti sono propensi alla spesa (si pensi al mercato delle applicazioni per Iphone e Android, ad esempio). Come stimolo ulteriore per l’analisi mobile vi è il fatto che la fruizione da mobile ha necessità completamente diverse da quelle desktop. Esigenze del navigatore da telefonino sono reperire informazioni, più che svagarsi, la navigazione è tipicamente “mordi e fuggi” con alto tasso di rimbalzo, che quindi non sempre va interpretato con una negativa esperienza utente.
I tempi sono quindi spesso piccolissimi, il fruitore mobile non aspetta che la pagina si carichi per gli stessi minuti di un utente desktop, ha fretta; si collega a qualunque ora del giorno e della notte (anzi, spesso più la sera quando non ha il computer dell’ufficio), e anche se è perennemente connesso a internet fa visite di pochi minuti, se non di pochi secondi. Infine la connessione avviene ovunque ci sia necessità di avere un’informazione, in piedi, sull’autobus, in macchina, al ristorante.

App Analytics

Con App Analytics intendo la possibilità di tracciare puntualmente cosa un utente di smartphone fa sulle applicazioni create da noi, e non necessariamente legate al web. Addirittura ipotizzando che il tracciamento possa avvenire senza una connessione internet, quindi in differita, e i dati possano essere inviati al sistema di analisi alla prima occasione utile, operazione che ridurrebbe un po’ l’efficacia dell’analisi, ma sempre meglio che non avere nessun dato. Un utente appena fidelizzato di un albergo (quelli di lunga data alzano il telefono o prenotano di anno in anno infatti) potrebbe avere il piacere di avere un’applicazione che gli consenta in tempo reale di verificare se in una certa data è disponibile una camera, magari perché sta consigliando l’hotel a un amico. Tracciarlo significherebbe avere a disposizione un’informazione su un desiderio e una necessità che non verrebbero espressi con una azione classica (una visita sul sito e/o una conversione).

Phone Tracking

Oggi tracciare le telefonate generate da un sito web è una operazione piuttosto farraginosa, basata su questionari individuali fatti al momento della chiamata e poco integrati con i sistemi di web analytics. La via più semplice è quella di mettere sul sito un numero differente e capire quanti lo usano, ma in futuro si diffonderanno sistemi come Mongoose e Adinsights, che mostrano numeri differenti a persone differenti e quindi sanno sempre puntualmente quale pagina ha generato quale chiamata. Questo porta ad una unificazione dei dati on e offline, e permette di recuperare audience del sito che normalmente sfugge ai sistemi di tracciamento. Inoltre in questo modo il calcolo del ritorno dell’investimento sul sito è più puntuale e comprende anche i lead generati con un sistema tradizionale come il telefono. E questo per non parlare del Voice-over-IP, su cui però non ho ancora riflettuto abbastanza 🙂

Game Analytics

Il tema della game analytics lo avevo già affrontato su questo blog, ve ne ricorderete. Dopo ho avviato una discussione (invero piuttosto lenta, per via dei miei impegni) con Federico Fasce di Urustar sul valore dei sistemi di achievement, e direi che siamo concordi nel dire che un trofeo ha un alto valore di convincimento nel giocatore/utente, e che dare un trofeo a fine livello dopo una certa serie di operazioni è sostanzialmente uguale al registrare un obiettivo sul sito dopo un funnel predefinito. Se in futuro ci sarà una integrazione tra il concetto di visitatore e di giocatore (per esempio perché un hotel mette sul sito un gioco con un palio una camera per un week end) si avranno a disposizione moltissime informazioni di qualità sulla persona.
Ovviamente quando parlo di game analytics non intendo solo e soltanto i metaversi con avatar 3D, alla second life, ma in generale tutti i giochi online. Ho portato l’esempio di Pet Society su Facebook, che solo all’apparenza è un giochino futile, e invece porta parecchio denaro alla Playfish che lo realizza, poiché si possono acquistare con denaro vero oggetti per il proprio pupazzetto. Inoltre la Playfish ha a disposizione le informazioni demografiche di tutti i giocatori, e così torniamo al discorso del verticale.
Per quel che invece concerne strettamente i metaversi, la possibilità di sapere dove i giocatori si soffermano e dove guardano porterà il vantaggio competitivo di poter proporre la creatività corretta alla persona giusta nel momento giusto e nel posto giusto!

Everything goes digital

Al giorno d’oggi tutto sta diventando digitale e massivo. Ho portato l’esempio dell’audiocassetta, che da qualche anno si è trasformata in mp3, e oggi è podcast, fruibile in massa via internet (quindi tracciabile). Poi mi sono spinto oltre, indicando il libro cartaceo, che prima è divenuto brevemente pdf e oggi è ebook, fruibile in massa e via internet. Sicuramente tracciare il download di un ebook (ma anche di un pdf) è cosa buona e giusta, ma domani, quando gli ebook reader tipo Kindle saranno molto più diffusi e connessi, si potrà sapere anche quante persone hanno effettivamente letto l’ebook, fino a che pagina sono arrivati (quindi se era interessante in toto o solo in parte) e addirittura se qualcuno ha sottolineato un certo passaggio – e quale – a che pagina.

Ultima suggestione

Se tutto è digitale, tutto è misurabile. Come ultima suggestione, che ho saltato per mancanza di tempo, volevo portare il nuovo Google Chrome OS, presentato qualche giorno fa. Il nuovo sistema operativo di Mountain View fa il boot in sette secondi e serve sostanzialmente per facilitare le persone a fare quel che Google preferisce facciano: stare online. Al suo interno tutto avverrà online, comprese le applicazioni, che saranno appunto applicazioni web. Ma se sono “web” sono tracciabili e analizzabili!

Conclusione

La conclusione che ho tratto è che secondo me la definizione di web è una cosa che sta velocemente perdendo senso: ci riferiamo ad esso perché ci siamo affezionati, ma la realtà è che la rete è sempre più pervasiva (beh, io comunque ho quattro connessioni ad internet, comprendendo anche quella aziendale che non pago di tasca mia) e che entrerà in un numero sempre maggiore di dispositivi. Penso che domani dovremo imparare a chiamare la nostra attività semplicemente “ANALYTICS” perché avrà a che fare con il web solo marginalmente. Il consiglio che do a tutti è di iniziare a fare bene adesso web analytics, perché domani con l’analytics ci sarà da divertirsi parecchio.

[photo credit: marcoziero on flickr


Sep 17 2009

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Adobe Analytics

autore: Marco Cilia categoria: web analytics

adobe_logoE così ieri Adobe ha proposto l’acquisizione di Omniture, che è solo il più grande fornitore di soluzioni web analytics del pianeta. Avrete sicuramente sentito parlare di Omniture, ne abbiamo parlato da poco nel post sull’evoluzione dei fornitori di sistemi di WA. Il costo dell’operazione è stimato in 1,8 miliardi di dollari.

La domanda che tutto il mondo si fa è ovviamente “cosa se ne fa Adobe di un prodotto, anzi del più rinomato e probabilmente costoso prodotto, di web analytics del mondo?”, e le risposte sono molteplici.
Ieri ho subito detto “Adobe Analytics è alle porte?”, riferendomi alla altrettanto strana – per allora – acquisizione di Urchin da parte di Google, che come sappiamo ci ha poi regalato Google Analytics. A pensarci meglio, però, Adobe è un produttore di software, e almeno due di essi sono direttamente legati ai contenuti: sto parlando di Dreamweaver, editor di sorgenti, e di Flash, croce degli esperti di WA e delizia dei webdesigner creativi.

Il primo pensiero quindi è stato: Adobe vuole integrare una soluzione di web analytics nei suoi prodotti, in modo che per l’utente sia semplice avere i dati una volta pubblicato il progetto perché gli strumenti si occuperanno di integrare le necessarie chiamate dei codici di tracciamento (e non al livello di adesso, cioè aggiungendo chiamate ad ogni pulsante flash, ma in modo automatico). Ma è anche vero che Omniture non è proprio uno strumento alla portata delle tasche di tutti gli utenti.

Adobe-Omniture

In seconda istanza ho letto un post di CMS watch, che si spinge oltre: a parte la Creative Suite, Adobe ha un rinomato Flash Media Streaming Server, il player di Flash è sul 98% dei computer del pianeta, e ci sono quasi un miliardo di installazioni di Flash Lite sui cellulari. E ancora, Adobe AIR è in grado di portare tecnologia Adobe anche su programmi desktop. Da questo punto di vista Omniture potrebbe presto “invadere” la maggior parte dei dispositivi web oriented che abbiamo per le mani, e sarebbe una espansione di mercato pazzesca.

Dall’altro lato, quello prettamente finanziario, è vero che Omniture ha un portafoglio clienti di tutto rispetto, formato dalle più grandi aziende mondiali, quelle che hanno abbastanza budget per comprare e mantenere il suo prodotto di punta, SiteCatalyst, quindi la mossa di Adobe potrebbe essere giustificata anche così.

Da quanto leggo in giro, tuttavia, pochi scommettono su un “downgrade” dei prodotti Omniture; quasi nessuno si aspetta un Adobe Analytics rilasciato gratis o a prezzo ridotto, per intenderci, anche se la cosa potrebbe invece avere un senso: Omniture da un po’ di tempo sente la pressione dei clienti che guardano anche alle soluzioni low-cost che crescono. Se Adobe, forte dei suoi risultati economici, riuscisse ad abbassare i costi del servizio, i ragazzi di Omniture potrebbero lavorare più serenamente allo sviluppo di nuove funzionalità. Ma questo lo sapremo solo col tempo…


Aug 26 2009

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La crescita di Google Analytics

autore: Marco Cilia categoria: web analytics

confronto 07-09

Il mese scorso Forrester Research ha rilasciato un aggiornamento della sua valutazione su otto fornitori di soluzioni di web analytics, valutazione basata su 105 criteri che è sfociata in un report, dal costo non trascurabile di 1749 dollari.

Quel che però Marshall Sponder ci mostra è una comparazione dei due grafici “a onda” riferiti al terzo trimestre 2007 e al terzo trimestre 2009, in cui si nota il passaggio di campo di GA, che passa da “sfidante” a “solide performance” senza ancora essere un leader. Tra tutti i vendor considerati è quello che fa il balzo maggiore, sia verso destra (asse della strategia) sia verso l’alto (asse dell’offerta); altra cosa da notare è che degli otto fornitori originali del 2007, tre sono scomparsi (Visual Sciences HBX e Visual Site – acquistati da Omniture nell’ottobre 2007 – e ClickTracks) e sono stati sostituiti da AT Internet, Yahoo Web Analytics e soprattutto l’olandese Nedstat, che va direttamente tra i leader. Non si può certo dire che il mercato della Web Analytics non sia competitivo!

Qualche giorno dopo il rilascio del report, John Lovett è stato intervistato da Eric Peterson, e ci sono un paio di passaggi che vale la pena di commentare: il primo è quando dice che Forrester analizza insieme prodotti free e a pagamento semplicemente perché alle organizzazioni non dovrebbe importare troppo del costo dei prodotti di WA, ma dovrebbero preoccuparsi di più dei loro bisogni e di capire se questi strumenti li soddisfano (“if you’re not watching expenses by understanding the cost to benefit ratio of your Web analytics solution, you are acting irresponsibly“).
Il secondo punto è quando dice che i prodotti free, così come sono adesso, rappresentano solo la prima parte del processo di maturazione della web analytics cui stiamo assistendo: in futuro continueranno a mettere pressione ai vendor leader costringendoli a migliorare ancora (““free” will continue to disrupt the market by placing pressure for improvement on all vendors. Just look at the recent Webtrends product upgrade announcement – the majority of press around it cited a “look out Google Analytics” slant. Why the comparison…they’re worried! Fee-based vendors have even more to fear now that Yahoo! Web Analytics opened up its partner program.“).

Sono assolutamente d’accordo, e penso che se Google aprirà le sue API in modo bidirezionale (al momento infatti funzionano solo per esportare i dati), tra due anni lo ritroveremo sicuramente tra i leader accanto a Omniture, Webtrends e Unica.

[image by WebmetricsGuru]


Aug 14 2009

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-98% di visite ed essere felici

autore: Marco Cilia categoria: generale

drastico-calo

Chi sarebbe contento di avere un grafico come quello sopra? ci tengo a precisare che la linea dopo il calo non è a zero (sito scomparso o codice di monitoraggio assente), ma la curva è talmente schiacciata dai numeri precedenti che anche 500 visite sembrano non esistere.

La persona che mi ha sottoposto il caso però, dopo che gli ho diagnosticato il problema e la cura che ha ridotto del 98% le sue visite, era più contenta di prima; il motivo? quelle visite non erano le sue!
E’ successo infatti che un grosso sito – anzi una serie di grossi siti facenti capo ad uno stesso webmaster – ha copiato il suo codice di monitoraggio nelle proprie trafficatissime pagine, inviando i dati a lui invece di vederli nel proprio account Google Analytics.

Chiaramente questo è un caso esagerato e di facile diagnosi, ma mi serve per farvi comprendere quanto sia importante assicurarsi della qualità dei dati in ingresso. Se invece che un grosso network a copiare il codice di monitoraggio fosse stato un sito di dimensione poco inferiore a quella del mio amico, lui avrebbe notato un incremento non molto marcato e avrebbe potuto scambiarlo per traffico qualificato.

Il modo più veloce per accorgersi di un problema simile è guardare il report visitatori -> proprietà rete -> nomi host, che indica da quale dominio provengono i dati che vedere nei report di GA. Il modo più veloce per risolverlo, a parte contattare il webmaster e far rimuovere il vostro codice, è impostare un filtro che faccia accettare a GA solo i dati provenienti dal vostro host.

Infine questo piccolo case-history ci può far riflettere su due cose:

  1. dare un’occhiata alle statistiche tutte le mattine (o almeno un giorno si e uno no) non costa molto tempo e permette spesso di diagnosticare velocemente eventuali problemi. Tanto più che potete mettere nei preferiti l’indirizzo della dashboard di un profilo ed andarci direttamente, se siete già loggati su un qualsiasi servizio Google (Gmail, ad esempio)
  2. controllare pertinenza dei dati che arrivano a GA è una cosa da fare con regolarità. Uno degli assiomi fondamentali della web analytics è il motto inglese “garbage in, garbage out”. Se i dati in ingresso sono spazzatura, non c’è software di analisi che tenga: i dati in uscita saranno per la maggior parte spazzatura. I software, vale la pena di ricordarlo, sono come scatole più o meno chiuse, che effettuano trasformazioni sui dati. E trattandosi di programmi, che girano su computer, non mentono a patto che non siano stati fatti errori nella scrittura del codice. Ma di sicuro non possono nemmeno accorgersi da soli se i dati che gli fornite da elaborare siano o no i vostri.

Aug 04 2009

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Un serio concorrente free per GA?

autore: Marco Cilia categoria: generale

Forse il titolo non è del tutto corretto; concorrenti free per Google Analytics ne esistono, e alcuni di essi sono molto flessibili, al punto che non è affatto escluso che per alcuni progetti non siano da preferire allo strumento Google. E’ che da quando c’è notizia dell’accordo Microsoft-Yahoo tutti si sono concentrati sull’aspetto search, che giustamente la farà da padrone, e pochi sul resto, ad esempio sugli strumenti di web analytics.

Se ricordate bene, qualche mese fa Microsoft ha chiuso il suo programma AdCenter (ex Gatineau, ex DeepMetrix) in modo definitivo perché scontenta degli scarsi risultati ottenuti fino ad allora. Yahoo, per contro, procede a gonfie vele con YahooWebAnalytics (ex IndexTools), tanto che da poco hanno aperto un programma di assistenza ufficiale sulla falsariga dei Google Analytics Authorised Consultants. La domanda che mi frulla in testa è: perché Microsoft non dovrebbe “portare in dote” il suo team e il suo know-how di AdCenter a Yahoo per potenziare YWA? Ragioniamo un attimo:

  • il punto due del post riassuntivo del TagliaErbe parla di “esclusiva sulle tecnologie di ricerca”, quindi non tocca altro che il search.
  • il punto cinque invece tocca da vicino: il display advertising resterà separato, e YWA è dato gratuitamente ai publisher di questa tipologia.
  • il punto sei sembrerebbe calzare a pennello: Yahoo continuerà a innovare, anche foraggiata da tecnologia Microsoft.
  • quanto al punto sette, non possiamo considerare AdCenter un prodotto di Microsoft, perché formalmente non esiste più.
  • AdCenter era molto forte nella segmentazione demografica dei visitatori, essendo basata e integrata su cookie Microsoft presenti in buona parte dei computer mondiali (basti pensare agli iscritti a Windows Live Messenger, o Windows Live, tanto per citarne un paio). YWA ha una funzione simile, ma non mi risulta sia così potente.
  • Il team di AdCenter deve essere stato dirottato su altri progetti (si parlava del futuro Microsoft Commerce), ma ritengo sarebbe più contento e stimolato se confluisse nell’equivalente Yahoo.

Insomma, a parte un punto da risolvere, vedo solo benefici per questa ipotetica fusione di prodotti. Considerato che i dati dei visitatori sono un grande veicolo di conoscenza per i motori di ricerca, non credete anche voi che Microsoft e Yahoo dovrebbero dare vita a questo grande concorrente di Google Analytics?


Aug 03 2009

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Libro Web Analytics di Alessio Semoli

autore: Marco Cilia categoria: generale

libro-web-analyticsDa qualche giorno ho terminato la lettura del libro “Web Analytics – il segreto di un progetto di successo sul web” di Alessio Semoli, edito da Hoepli. L’ho acquistato appena uscito, oserei dire in prevendita perché ci ha messo qualche giorno ad essere disponibile, perché ero molto curioso rispetto a un libro tutto italiano sulla materia. Tutti i libri di WA acquistati finora sono in inglese, e il panorama in lingua italiana mi è sempre sembrato sconfortante. Il libro di Alessio non è niente di trascendentale, per chi lavora un minimo nel campo, ma ha il grande pregio di mettere in ordine tutta una serie di concetti legati al mondo della web analytics e ai suoi dintorni. L’esposizione è sempre chiara, a parte alcuni passaggi giocoforza più “tecnici” (ma niente codice, non vi preoccupate), e la lettura è scorrevole. Piacevoli anche gli excursus finali sulla video analytics e le annotazioni sulle leggi collegate alla WA. E’ un libro che consiglio a chi è interessato ad avvicinarsi alla materia, o ci è entrato da poco, e a chi vuole una trattazione organica e ragionata dell’argomento. Acquisiti i concetti del libro di Alessio si potrà poi passare ad alcuni classici (tra cui – ma non solo – quelli esposti nel vecchio post “bibliografia essenziale“, che però erano strettamente legati a GA)

Giusto per legarci anche un po’ di Google Analytics: facendo una ricerca su Google per “libro alessio semoli”, il sito di HOEPLI è quinto con questo URL
http://www.hoepli.it/libro/web-analytics.asp?ib=9788820337957pc=000022003001000utm_source=partnership_hoepliutm_medium=webutm_content=ilmiolibroutm_campaign=ilmiolibro_hoepli_08

Riconoscete i parametri delle campagne? ecco, bene. La prima cosa da notare è che è strano che google abbia indicizzato una campagna piuttosto che l’URL del sito, la seconda è che quei parametri… non funzioneranno mai 🙂
Mancano infatti tutte le & commerciali tra un parametro e l’altro (manca anche un & tra il parametro ib e il parametro pc, per cui non si direbe solo un problema dei tag aggiunti per Analytics) per cui GA non registrerà mai gli ingressi come provenienti dalla campagna. Il che forse è un bene, trattandosi di click da risultati organici, ma resta comunque un problema da risolvere.


Apr 16 2009

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Game Analytics?

autore: Marco Cilia categoria: web analytics

unreal-tournament-3Oggi voglio concedermi una digressione rispetto all’argomento principale di questo blog, e rendere onore al bollino verde che campeggia nell’header 🙂

Non so quanti di voi conoscano il gioco Unreal, sparatutto in soggettiva che insieme ai famosi colleghi Doom, Quake e Half Life ha fatto perdere molte ore di sonno a migliaia di persone, e non so quanti altri sappiano che il business dei motori che muovono questi giochi è molto sviluppato: quando una software house scrive un motore particolarmente performante o innovativo, lo rivende ad altre compagnie che ci sviluppano sopra i propri giochi risparmiando tempo e denaro. E’ esattamente il caso del motore Unreal Engine 3, che muove alcuni dei più noti sparatutto usciti nel corso del 2008.

Durante la Game Developer Conference 2009 la Epic Games, creatrice del motore, ha mostrato al pubblico Unreal MCP,

un sistema di visualizzazione dei comportamenti degli utenti che usano il gioco, che permette di capire cosa fanno esattamente i giocatori con il software, grazie a mappe di temperatura dell’attività degli utenti nei vari livelli del gioco

come dice Luca Chittaro dal quale ho appreso la notizia. Lui ed alcuni suoi colleghi avevano già esplorato la questione durante il 2003, ma è solo ultimamente che i “mondi virtuali” sono venuti alla luce, grazie soprattutto ai fenomeni Second Life e World of Warcraft. Guardando le immagini del post di Luca, che riporto qui per comodità, non ho potuto fare a meno di associarle alle heatmap che noi amanti della web analytics siamo soliti guardare, ad esempio in sistemi come CrazyEgg o all’analisi dei percorsi degli utenti all’interno delle pagine web.

Ho pensato che questa forse è l’alba di una sorta di Game Analytics, una disciplina che potrebbe analizzare i comportamenti degli utenti nei mondi virtuali, o più in generale nei giochi, in modo da carpire trend di utilizzo, bachi concettuali del programma e migliorare l’esperienza utente delle piattaforme esattamente come la web analytics ci aiuta a migliorare l’esperienza sui siti. Ad esempio posso ipotizzare tre scenari

  • la software house monitora il comportamento degli utenti sulle varie mappe, e incrociando questi dati con gli accessi alle mappe stesse può essere in grado di dire quali sono le più e meno giocate, e dove gli utenti che vincono concentrano le loro attività. Può introdurre variazioni sulla mappa e registrare le modifiche del comportamento (una specie di split test A/B), oppure può capire se esistono punti del gioco che sono problematici per gli utenti.
  • i giocatori, alla fine della loro esperienza, analizzano le heatmap e incrociano i propri movimenti – o quelli del proprio team – con quelli degli avversari, per capire le dinamiche di gioco ed affrontare le partite successive con azioni correttive. Se ad esempio si notasse che l’80% delle volte che un nemico ha attraversato un certo corridoio si è persa la partita, si potrebbe provare a presidiarlo meglio la volta successiva.
  • qualcuno interessato alle posizioni degli utenti monitora tutto, per capire quali siano i punti più strategici del gioco, quello dove i giocatori stazionano per più tempo

ok, l’ultimo punto è volutamente criptico 🙂 Chi è che potrebbe avere interesse affinché gli utenti stazionino in determinate parti del gioco, in modo che si possano guardare in giro? magari qualcuno che ha interesse a piazzare cartelloni pubblicitari dinamici dentro ai giochi, magari proprio Google In-game Advertising. Magari non in giochi frenetici come gli sparatutto in soggettiva online, però è una possibilità da non sottovalutare.
Di conseguenza, se c’è da monitorare un rendimento servono dati, quindi tra qualche anno la Game Analytics potrebbe essere integrata nella web analytics, così come Adsense è integrato in Google Analytics (che nella versione americana permette anche di monitorare, lo ricordo, le campagne in televisione effettuate tramite AdWords TV ads).

Troppo visionario?


Apr 11 2009

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Non c’è sempre una risposta

autore: Marco Cilia categoria: web analytics

Quando fradefra, io e alcune altre persone diciamo che “la web analytics non dà risposte, ma genera altre domande” usiamo un misto di provocazione, boutade e verità. E’ chiaro che alcune risposte si possono avere, altrimenti fare analisi sarebbe sprecare tempo, ed è altrettanto chiaro che molte volte da una risposta nascono altre tre o quattro domande, spesso molto più interessanti della prima. Ma è un dato di fatto che in alcuni casi tutti noi prima o poi ci troviamo di fronte a fenomeni, numeri e grafici che sembrano non avere spiegazione, e che alcune volte proprio non la trovano.

Ve ne mostro uno:

Questo è il grafico dei soli accessi diretti di un sito il cui gestore mi ha chiesto “perché accade?”. In blu c’è il totale, in arancione i visitatori nuovi, in verde quelli di ritorno. A partire da inizio 2009 i nuovi visitatori smettono pesantemente di atterrare sul sito digitando l’url, usando bookmark o cliccando link da client di posta e affini, mentre i returning proseguono nelle loro solite attività. Francesco Gori, che ho interpellato in proposito, dice giustamente “sembra che prima ci fosse qualcosa offline che spingeva a visitare il sito, sembra il risultato di una campagna offline ben fatta”.
Il problema naturalmente è che non c’era nessuna campagna offline, e se anche ci fosse stata difficilmente avrebbe avuto tali proporzioni. Il resto del traffico è assolutamente normale, i referrer sono costanti e gli accessi da motore anche, anzi lievemente compensano. Il totale del traffico quindi è pressoché costante.

Ho guardato grafici, pensato e analizzato ma non sono giunto a nessuna conclusione. Ve ne parlo per due motivi: il primo è sapere se avete delle idee in proposito, e il secondo è sapere se siete d’accordo con me quando dico che non sempre c’è una risposta e/o se avete mai affrontato casi in cui non siete stati in grado di dare una spiegazione a fenomeni che avete monitorato con la web analytics.


Mar 24 2009

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Cosa filtro? come lo filtro?

autore: Marco Cilia categoria: codice di monitoraggio

Il mio post di ieri sugli IP ha innescato un paio di domande in privato che mi hanno convinto a fare un post di approfondimento.
Riassumo la situazione: una grande azienda, sparpagliata in tutto il territorio e con una infrastruttura di rete molto ampia, gestisce centinaia di siti web. Su uno di questi viene implementato Google Analytics, con un normale filtro sugli indirizzi di rete pubblici dei due proxy aziendali. Normalmente questo è sufficiente a filtrare il traffico degli impiegati.

Ci sono due complicazioni, una gestita e una no. La prima complicazione è che gli impiegati dell’azienda, quando richiedono il sito web, non passano attraverso il proxy ma si presentano al server web direttamente con il loro indirizzo di rete interna (10.10.1.76 o 192,168.1.34 o simili, dipende dalla rete). Il proxy serve solo a veicolare le richieste a risorse esterne. In questo caso però non è necessario filtrare gli indirizzi interni, perché la GIF trasparente di 1×1 pixel che serve a Google Analytics per registrare i dati si trova all’indirizzo (esterno) http://www.google-analytics.com/__utm.gif, quindi passa dal proxy. L’indirizzo IP che GA registra, quindi, è quello del proxy e il filtro funziona. Chiarisco con una immagine (cliccala per ingrandirla):

gaext
(tutto il contenuto della pagina viene servito dal server web, tranne una immagine linkata su un server esterno e il codice e la GIF di Google Analytics. Questi due elementi vengono a tutti gli effetti richiesti dal proxy al posto del computer interno).
Questo caso viene quindi ovviato dal filtro imposto al profilo.

Il caso non gestito è quello in cui mi sono trovato io: alcune porzioni della rete escono da proxy differenti dai due noti, ma non c’è modo di sapere quali e che indirizzi pubblici abbiano. Solo dopo aver isolato gli IP interni dei dipendenti che accedevano alle pagine tramite l’uso che vi ho mostrato di _setVar() (che incapsula l’IP e lo spedisce in chiaro a GA) si è potuto risalire alla porzione di rete che sfuggiva al filtro e al relativo proxy.

Il disegno che ho inserito è secondo me la chiara dimostrazione che è difficile fare web analytics senza conoscere il funzionamento basilare della rete: bisogna conoscere il funzionamento del TCP/IP e dell’HTTP, capire come funziona un proxy, come e perché alcune cose passano da lui e altre no, eccetera. Senza sapere queste cose si possono leggere lo stesso i dati di GA e degli altri programmi, ma si dipenderà sempre da qualcun altro per risolvere i propri problemi sui profili. In un sistema di web analytics “as a service” senza la possibilità di riprocessare i dati passati come è Google Analytics, ogni giorno perso è un giorno in cui si hanno dati “sbagliati”, e i dati sbagliati in ingresso sono dati sbagliati in uscita (gli anglofoni dicono molto saggiamente “garbage in, garbage out” 🙂 )