Jul 10 2018

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In arrivo il vero report cross device

autore: Marco Cilia categoria: generale

Oggi durante il Google Marketing Live 2018 Google ha annunciato che Analytics presto sarà fornito di report cross-device.
Sento già levarsi le voci e vedo i nasi storti in chi sta per dirmi “hai preso una botta in testa? Google Analytics HA GIA’ i report cross-device, basta passare uno USERID uguale tra desktop e mobile, ed è fatta”.

Si, lo so, ma quella è una funzione “volontaria”, sta al webmaster o a chi implementa i tracker far si che la magia accada. Google oggi ha annunciato una cosa che mi sono sentito chiedere in almeno la metà dei corsi che ho tenuto negli ultimi dieci anni, ovvero il fatto che il ricongiungimento dei dati verrà fatto direttamente dalla piattaforma sulla base dei segnali che normalmente usa per identificare gli utenti su più dispositivi, il più semplice da immaginare e capire è l’essere loggati ad un google account (gmail, youtube, eccetera…)

Ho visto questi report quasi un anno fa a San Francisco, spero che abbiano fatto che passi in avanti perché seppur stupendevoli e sicuramente utilissimi, gli ingegneri non erano ancora riusciti a fugare un paio di dubbi che i clienti più avanzati ed esigenti vorrebbero risolti da una funzionalità come questa, guarda caso sempre legata a iOS e Safari 😀

In ogni caso preparatevi, perché se funzionerà a dovere e con una significatività statistica decente, questo cambierà completamente le vostre attuali valutazioni dei ritorni di marketing!

Che ne pensate?


Oct 17 2017

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gtag.js aggiunge il supporto ad AdWords, come previsto

autore: Marco Cilia categoria: codice di monitoraggio

Proprio come dicevamo nell’ultimo post, gtag.js ha da poco aggiunto il supporto nativo per AdWords: questo significa che se avete un sito che sta già tracciando tramite il nuovo gtag.js, basterà aggiungere una riga di configurazione specificando l’account AdWords nel quale inviare i dati, così:


<script>
    window.dataLayer = window.dataLayer || [];
    function gtag(){dataLayer.push(arguments)};
    gtag('js', new Date());

    gtag('config', 'GA_TRACKING_ID');
    gtag('config', 'AW-123456789');
  </script>

e tracciare l’azione da monitorare come conversione, così:


<script>
      gtag('event', 'conversion', {'send_to': 'AW-123456789/AbC-D_efG-h12_34-567',
        'value': 1.0,
        'currency': 'USD'
      });
  </script>

Le opzioni per mantenere il conteggio delle conversioni accurato, per prevenire i problemi introdotti da Apple e dal suo Intelligent Tracking Prevention, sono in ogni caso attualmente tre:

  1. passare a questo nuovo formato di script. Questo permette di salvare i GCLID di AdWords in cookie di prima parte, che non vengono toccati dall’ITP di Safari/IOS
  2. usare Google Analytics collegato ad AdWords. GA già da settembre si occupa di salvare il gclid in un cookie di prima parte, favorendo poi AdWords
  3. usare Google Tag Manager per inserire un nuovo tipo di tag, il conversion linker tag su tutte le pagine, che fa sempre la stessa cosa

Interessante anche la conferma finale nel post sul blog di AdWords riguardo al fatto che a Novembre aggiungeranno anche il supporto per DoubleClick Search, confermando quindi che il nuovo gtag.js potrà tendenzialmente gestire anche quella parte di piattaforma, diventando moooolto interessante per chi non può o non vuole passare a GTM.


Jul 19 2017

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Parla con Analytics

autore: Marco Cilia categoria: generale

Non poteva non venirmi in mente questa fantastica scena di Star Trek 4 per la notizia che Google Analytics Assistant sarà presto disponibile anche su Desktop.
Si tratta di un interprete del linguaggio naturale al quale sarà possibile fare domande, e ovviamente ottenere risposte. Ad esempio potremmo chiedere “quanti utenti dalla Russia divisi per tipo di device ho avuto il mese scorso?” e il sistema ci mostrerà il dato, e un grafico ove possibile.

Certo, in realtà dovremo ancora per un po’ scrivere, invece di parlare, ma il passo secondo me è breve perché la tecnologia in casa Google ce l’ha già. La comodità però è abbastanza evidente, poiché per alcune richieste molto semplici, ma che comunque comportano una serie di passaggi (apri il report geografico, mettilo per Paese, isola la Russia, applica la dimensione secondaria “tipo del device”) basterà solo fare la domanda. O incollare la domanda da una mail, quando sarà disponibile in italiano 🙂

Infatti il punto che mi piace di questa novità è che va ESATTAMENTE nella direzione che vado ripetendo nei coaching da ormai 5 anni: la vera forza dell’analista sta anche nel SAPER FARE LA DOMANDA GIUSTA allo strumento. Cioè conoscere bene quali metriche e dimensioni sono coinvolte nella domanda che mi porterà alla risposta, se sono disponibili nel progetto, se si possono incrociare tra di loro, eccetera…

L’help ufficiale della nuova feature si sposta un passo avanti, dicendo che – per fortuna – il sistema è in grado di capire i sinonimi, quindi ad esempio “locations” e “countries” vengono trattati allo stesso modo.
Ancora una volta, non credo che questo toglierà lavoro a qualcuno, ma indubbiamente rappresenta una scorciatoia molto interessante e utile per togliere tempo a domande semplici, o di routine, e quindi averne di più da dedicare alle analisi serie! 🙂


Jun 07 2017

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La nuova dimensione “sessione diretta”

autore: Marco Cilia categoria: canalizzazioni-multicanale

Oggi ho avuto modo di approfondire meglio una segnalazione del mio collega Giulio, che ha trovato una nuova dimensione dentro a Google Analytics. La dimensione si chiama “sessione diretta” ed è esattamente quello che ci aspetteremmo. Quindi prima un po’ di background per ripassare come funziona Analytics e perché questa cosa è interessante.

Il modello “last click non direct”

In tutti i report standard, tranne MultiChannel Funnel e Attribuzione, il modello di attribuzione standard di GA è il cosiddetto “last click non direct”. Si tratta di un modello che attribuisce la sessione corrente (ed eventualmente le conversioni registrate durante essa) all’ultima sorgente registrata da quell’utente TRANNE se questa avviene per via di traffico diretto. Quindi se sono un utente nuovo e arrivo da organico, e domani torno da diretto e converto, GA segna 2 sessioni organiche e 1 conversione organica. Se sono un utente nuovo e faccio diretto e poi diretto, GA segna 2 sessioni al diretto e 1 conversione al diretto. In pratica si dice “il traffico diretto non sovrascrive mai la precedente sorgente, tranne se quella era diretto”.

Come dicevamo prima, la cosa non è vera nei report di canalizzazione multicanale e attribuzione: lì il primo esempio viene correttamente riportato come organico 1 sessione 0 conversioni e diretto 1 sessione e 1 conversione. Nei report di attribuzione si può confrontare il modello last click non direct con il last click puro o con altri messi a disposizione o creati custom.

La nuova dimensione “sessione diretta”

Fino ad oggi questo fenomeno era noto ma indistinguibile, nei report standard. Il totale del traffico organico o di campagna comprendeva sempre una quota di traffico diretto che attribuiva tutto alla sorgente precedente. La nuova dimensione “sessione diretta” invece consente di scindere le due componenti, proprio come desidereremmo:

Come potete notare, applicando la dimensione ho ogni riga spacchettata in due componenti: google/organic “vero” (11.322 sessioni) e google/organic “da traffico diretto che non sovrascrive” (4.641 sessioni). Idem per google/cpc e tutte le sorgenti, tranne il traffico diretto: il traffico diretto può solo essere diretto, quindi è sempre “Yes”.
Inoltre anche la colonna dei nuovi utenti torna alla perfezione: se il traffico da “sessione diretta” è formato da utenti che erano già stati sul sito e tornano da diretto, allora non potranno mai essere new users, e quindi la colonna “nuovi utenti” è sempre 0 (anche qui con l’eccezione del traffico diretto, che ovviamente PUO’ portare nuovi utenti e anche utenti di ritorno che prima erano di nuovo arrivati solo da diretto).

Perché reputo importante questa novità

Per due motivi principalmente: il primo è che da una rappresentazione migliore di cosa accade realmente sul nostro sito, e dei reali apporti “di prima mano” delle varie leve di marketing. E’ sempre meglio sapere piuttosto che non sapere.
Il secondo è che fino ad oggi questa rappresentazione del “reale” esisteva solo nei multichannel funnel, ma limitatamente al traffico che converte; i MCF infatti prendono in considerazione solo coloro che convertono. Grazie alla nuova dimensione possiamo studiare nel dettaglio anche l’apporto del diretto nel traffico che non converte, aumentando le possibilità di comprensione della composizione del nostro traffico e quindi di ottimizzazione.


Mar 03 2017

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GA360 praticamente in real time

autore: Marco Cilia categoria: generale

No, non stiamo parlando dei report real time, che sono governati da logiche leggermente diverse dai report standard. Stiamo dicendo che in base all’ultimo post ufficiale i fortunati possessori di Google Analytics 360 (ex Google Analytics Premium) beneficeranno di un aggiornamento dei report standard del giorno odierno ogni 10 minuti.

Anche se a prima vista può sembrare tantissimo (in realtà lo è, ma ormai siamo abituati talmente bene che non lo sembra) gli utilizzatori di Premium più accorti sanno che la media rilevata per la cosiddetta freshness del dato è di circa 45 minuti, a fronte di una garanzia contattuale di massimo 4 ore.
Significa che se prendo i dati di oggi ed è mezzogiorno, sono certo contrattualmente che il dato più vecchio è delle 8 del mattino, ma che verosimilmente vedrò già anche i dati fino alle 11:15.
Quando il near real time sarà introdotto su tutti gli account, vedrò anche i dati fino alle 11:50.
Questo varrebbe anche per i custom report, le estrazioni via API e prossimamente anche per il trasferimento di dati verso BigQuery, la piattaforma di BigData che consente di fare interrogazioni ai dati di GA come se fosse un enorme database.

Esisteranno alcune notabili eccezioni a questo comportamento, ed è anche facile capire perché: un aggiornamento così veloce è possibile solo in presenza di elaborazioni non complesse e solo sui dati “propri” di Analytics. Ecco l’elenco dei report dove il near real time non sarà disponibile, almeno inizialmente:

  • Tutti i rapporti dentro a viste contenenti dati da proprietà che hanno oltre 2 miliardi di hits al mese
  • Tutti i rapporti dentro a viste di tipo USERID
  • Tutti i rapporti dentro a viste che hanno filtri basati su campi importati tramite data import
  • Tutti i rapporti dentro a viste che hanno filtri basati su Sorgente, Mezzo o Campagna
  • Tutti i rapporti dentro a viste che hanno filtri basati su dati provenienti da piattaforme terze (Adwords, Doubleclick, ecc)
  • Tutti i report che comprendono dati importati tramite data import
  • Tutti i report con almeno una tra le dimensioni Sorgente, Mezzo, Campagna
  • Tutti i report che comprendono dimensioni importate da altre piattaforme terze (Adwords, Doubleclick, ecc)

Se la delusione per la presenza del limite su sorgenti/mezzi può essere tanta, come noterete non si parla di Ecommerce, e questo è cosa buona e giusta! 🙂
Come nota di colore, ho tirato fuori uno screenshot supersegreto del Partner Summit 2015, in cui Google diceva “l’obiettivo è di avere entro un anno freshness a 1 minuto”. Ce ne sono voluti due, e siamo a 10 minuti, ma almeno sappiamo che se una cosa è in roadmap, prima o poi arriva 🙂


Sep 28 2016

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Optimize e Data Studio free

autore: Marco Cilia categoria: tagmanager

Quando Google annunciò Optimize 360 e Data Studio 360, la prima cosa che venne in mente a tutti fu che si trattava del processo inverso “al solito”. Ovvero normalmente Google lancia un prodotto free, e poi introduce una versione enterprise. Optimize 360 esisteva solo a pagamento, Data Studio free solo per gli Stati Uniti.

Oggi si rimedia a quel gap, introducendo Optimize free ed espandendo Data Studio free anche in altri paesi, Italia compresa.

Optimize, per chi non lo sapesse, è un tool di AB testing che incorpora un editor WYSIWYG (quel che vedi è quel che ottieni), che consente di modificare visualmente le pagine di un sito e quindi di testare differenti versioni senza bisogno di scomodare designer, grafici e reparto IT. Si tratta di una versione limitata, soprattutto sul lato integrazioni, ma per un uso small business è chiaramente più che sufficiente. Optimize è attualmente in fase di preiscrizione, quindi andate a questa pagina e lasciate la vostra mail.

Data Studio è un tool di dashboarding, in grado di collegarsi nativamente a molti prodotti Google (ma in futuro verranno aggiunti altri connettori) e creare semplici o elaborate dashboard utili alla comprensione al volo delle performance di un’attività digital. Ovviamente si tratta di possibilità molto maggiori rispetto alle dashboard interne di GA, che sono piuttosto limitate sia in termini di numeriche (massimo 12 widget) sia soprattutto per via del fatto che incorporano solo dati presenti su Analytics. Data Studio è già disponibile al seguente indirizzo: datastudio.google.com

Se tutto ciò non bastasse, aggiungiamo altre due note: in primis Google Tag Manager aggiunge altri 20 template tag alla sua lista, che non sarà ancora corposa come quella di altre soluzioni concorrenti, ma inizia a farsi interessante. Secondariamente – si fa per dire – Analytics introduce il Session Quality Score, una nuova metrica basata sul machine learning che tenta di predire la probabilità che un visitatore faccia una conversione. Utile, se mi fido dell’algoritmo, per affinare eventuali liste di remarketing che vengono create a partire dai dati di GA.

Se proprio volessimo andare fino in fondo, ci sarebbe anche da aggiungere che da oggi la nuova raccomandazione per l’installazione di un Google Tag Manager è cambiata: ora sia la documentazione ufficiale sia lo snippet fornito dall’interfaccia consigliano di spezzare il tag contenitore in due parti: la parte “classica” da mettere in HEAD e la parte “noscript” da mettere in BODY.


Aug 29 2016

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Tag Manager diventa grande: ecco i workspaces

autore: Marco Cilia categoria: tagmanager

Viene sempre un momento, nella vita di un prodotto Google, in cui accadono due cose: il prodotto viene ritirato ( 😀 ) oppure diventa “adulto” a tutti gli effetti. Oggi possiamo dire che il già ottimo Google Tag Manager, compagno quasi inseparabile di ogni installazione di GA che si rispetti, entra nella sua fase matura con il lancio dei workspaces, che sono una cosa diversa dagli ambienti già disponibili da tempo.

Siccome l’ho avuto in anteprima da un paio di mesi, vi dico subito una cosa: se siete alle prime armi o peggio siete ancora nel mondo di coloro che non usano Google Tag Manager, lasciate stare… Il tema è ampio e richiede una certa padronanza dello strumento e dei meccanismi di fondo. Iniziare direttamente dai workspace (“area di lavoro” nell’interfaccia italiana) significa avere una curva di apprendimento ripidissima.

I workspaces nascono per risolvere uno dei dilemmi più grandi della collaborazione tra utenti nel TagManager: come faccio a lavorare su alcuni tag mentre altri lavorano su tag diversi? come ci coordiniamo per le pubblicazioni? perché non posso pubblicare selettivamente i tag?
Ebbene, creare un workspace significa innanzitutto clonare la versione corrente del container, cioè fare quella che nel gergo degli sviluppatori e dei sistemi di versioning e deploy viene definita “una branch“. Creato il workspace io posso iniziare a lavorare in tranquillità alle mie modifiche, senza fretta e senza dovermi preoccupare di rimettere a posto le cose a fine giornata perché qualcuno nottetempo potrebbe pubblicare una versione con le mie cose a metà.
Quindi lavoro per ipotesi per tre settimane alle mie modifiche. Nel frattempo qualcuno fa una modifica banale e pubblica. Cosa accade?

Ipotesi 1: la modifica fatta è completamente scollegata dalle mie. E’ un tag diverso, un trigger diverso, una variabile diversa. Il sistema al mio prossimo login mi notifica che il mio workspace è “fuori sync” e mi invita ad aggiornarlo. Le modifiche fatte vengono importate nel mio workspace, e tutti vivono felici e contenti.
Ipotesi 2: la modifica fatta è in conflitto con una delle mie. Magari hanno cambiato lo stesso tag, magari hanno aggiornato una regola che avevo già modificato nel mio workspace. Il sistema mi dice che il mio workspace è fuori sync, e mi invita a risolvere il conflitto con una elegante interfaccia di questo tipo

conflitti workspaces

In questo caso il tag GA – Pageview – Standard ha 4 modifiche (sono le righe evidenziate, quindi Enable Display Advertising Features, page, userId e cookieDomain), e per ognuna di esse io devo dire al sistema quale versione tenere. Quindi potenzialmente posso “ibridare” il mio tag obsoleto senza dover accettare tutte le modifiche fatte, ma selezionando di volta in volta quel che mi serve.

La cronologia delle modifiche è ovviamente separata per ogni workspaces, mentre un punto a sfavore della feature è l’impossibilità di “bloccare” alcuni utenti su un certo workspace o di creare workspace limitati ad un singolo folder di tag. Questo avrebbe permesso ad esempio di abilitare alcuni utenti esterni per il tempo necessario a fargli modificare dei tag di loro interesse, senza possibilità di fare danni altrove. Ma non è detto che in futuro non si potrà fare anche questo.

Chiaramente la feature è tanto più interessante quanto più grande è il team che lavora sul GTM di turno. E’ una feature rivolta espressamente al mercato Enterprise, e infatti la versione free del GTM può creare un massimo di tre workspace (il default + due custom), mentre la versione 360 di GTM (si, esiste anche la versione a pago, casomai non lo sapeste 😀 ) ne può creare infiniti.

Infine una menzione ad un nuovo livello di accesso utente nel Tag Manager, il livello “approvazione”. Il livello modifica può creare ed editare workspaces, ma non li può pubblicare, mentre il livello approvazione può farlo.

In soldoni, dopo averlo provato un po’ ribadisco che non è una feature per tutti, e che potenzialmente può incasinare la vita. Ma se niente niente avete messo mano a container giganteschi, o Tag Manager dove ci sono 4 o 5 aziende che ci mettono mano, avrete tutto l’interesse ad imparare ad usare BENE questa nuova attesissima funzionalità.

[In coda, segnalo il sempre ottimo post di Simo Ahava, che come me l’ha avuto in anteprima ma ha avuto molto più tempo per scrivere… un’enciclopedia 😀 ]


Apr 06 2016

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Spia il singolo utente (ma teoricamente senza sapere chi sia :) )

autore: Marco Cilia categoria: generale

“posso seguire la navigazione di un singolo utente?” credo sia una delle domande che più spesso mi vengono rivolte durante i corsi di formazione.
La risposta è sempre stata NI:

  • SI, se riesci a creare un segmento che isola la sessione (o le sessioni) di un singolo utente, ammesso che Analytics non campioni pesantemente
  • NO, perché il risultato non è quel che ti aspetti: devi RICOSTRUIRE quel che fa, e spesso non c’è sequenzialità

Questo fino ad oggi, perché sta comparendo negli account di tutto il mondo il nuovo report Esplorazione utente (user explorer su interfaccia inglese): il nuovo report si presenta così (l’ho ordinato per Entrate e non per il default sessioni per renderlo più interessante)

user-explorer-panoramica

Questo report ci dice ad esempio che l’utente identificato dal cookie in riga 1 (e vi prego anche di notare che è la prima volta in assoluto che GA espone l’ID del cookie degli utenti) ha fatto una sessione da 22 minuti, durante la quale ha comprato per un valore di quasi 1200 euro e ha completato 4 goal (da cui il conversion rate del 400%, non è un errore 😀 ).

Se clicco su un record, ottengo una storia – eventualmente multisessione – molto puntuale sulle singole azioni di quel cookie. Ad esempio:

user-explorer-dettaglio

Posso filtrare anche solo le pageview (icona a forma di occhio), le transazioni (icona carrello), i goal (stelline) o gli eventi (campanella). Mi dice la data in cui il cookie è stato visto la prima volta, il canale con cui arrivò allora e con quale tipo di device. Ogni sessione contiene tutte le hit di quei 4 tipi indicati, e se l’utente ha fatto più sessioni esse sono riportate, con data e ora:minuto di ogni hit di ogni sessione. Inoltre posso anche selezionare una o più hit e creare un segmento per ritrovare tutti gli utenti con un comportamento uguale. Viceversa, se ho già creato un segmento a monte dell’apertura del report, esso riporta solo i cookie che sono in quel segmento.

Ora, cosa me ne faccio di questo report?
Beh, tante cose: innanzitutto si vedono a colpo d’occhio i cookie sospetti. Tipo così (dati di un GIORNO SINGOLO)

user-explorer-bot

dai, sul serio hai fatto 17 visite in un giorno ed erano tutte bounce? naaaah
In secondo luogo è un report cross-sessione, ed è molto utile per capire le sequenze di azioni degli utenti più interessanti, ad esempio segmentato per ENTRATE superiori a x mila euro.

Che limiti ci sono? ovviamente più grande è il numero delle vostre visite, più difficile diventa trovare dei singoli utenti da seguire. Poi il report è limitato a 10mila righe, a prescindere dal periodo temporale che si seleziona. Terzo, mi sembra di aver capito che la storia delle sessioni del singolo cookie non vada più indietro di 30 giorni.

La killer feature però c’è: se state usando un profilo USERID, allora tutto questo viene raggruppato per userID (e lo userID è esposto in chiaro). E mentre Google non sa chi sia l’utente abx6578re, voi sul vostro CRM invece lo sapete benissimo 🙂


Mar 16 2016

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Svolte epocali di un martedì qualsiasi: Google Analytics 360 suite

autore: Marco Cilia categoria: ga-premium

Quando annunciarono Google Analytics Premium ero in pizzeria. Ieri mentre annunciavano Google Analytics 360 suite ero in hamburgeria. Il connubio tra i balzi avanti del mercato delle analisi dei dati e la mia pancia è evidente, e sicuramente c’è correlazione e consequenzialità 😀

Quindi, quando agli albori di questo blog parlavo della cosiddetta “business platform“, credo – col senno di poi, è facile 🙂 – che parlassi proprio di questa suite, anche se non lo sapevo.

La nuova Google Analytics 360 suite, proprio come si intuisce dal nome, è un insieme di prodotti noti e nuovi che vengono unificati affinché possano esprimere insieme il proprio potere dirompente. Tutto nasce da Google Tag Manager 360, una specie di Tag Manager Premium che costituisce le fondamenta del sistema. Immaginiamo che avrà le stesse funzionalità del TagManager che già conosciamo, più qualche feature espressamente rivolta al mondo Enterprise e utile per l’integrazione con gli altri strumenti della suite. Google Analytics Premium diventa Google Analytics 360: al momento non hanno annunciato nessuna novità, ma è facile immaginare che una suite che produce più dati avrà bisogno di report e funzionalità nuove anche nel sistema che nella suite è preposto ad analizzare i dati e fornire gli insights. Adometry, comprato tre anni fa da Google, diventa Google Attribution 360 ed è stato riscritto da zero per meglio integrarsi nell’ecosistema di BigG. Attraverso Attribution 360 è possibile calcolare complessi modelli di attribuzione e media mix, anche on/offline (in USA ad esempio attraverso Adometry si può calcolare il ritorno dell’online sugli spot TV).
Google Optimize 360 è un nuovo strumento di test&target (il nome vi ricorda qualcosa? 😀 ): nelle intenzioni dovrebbe, a partire da un normale segmento di GA, creare un pool di utenti che possono essere oggetto o di un test (A/B test o multivariato, con interfaccia grafica per creare le varianti senza intervenire nel codice) o di una personalizzazione (mostrare contenuti diversi al pool selezionato).
Google Audience Center 360, altra grossa novità, è la DMP (Data Management Platform) powered by Google, in grado di prendere una utenza (ad esempio sempre dal classico segmento GA), espanderla con dati integrati come una qualsiasi DMP e sincronizzarsi con altri tool esterni. Sarà interessante capire come si integra con Doubleclick, perché sarebbe decisamente promettente!
A fare da collettore per tutto questo, Google Data Studio 360, uno strumento di reporting grafico collaborativo con i presupposti di Google Drive (collaboration, condivisione), l’import dei dati da prodotti Google (e sis spera terze parti) e una potente interfaccia grafica customizzabile per manipolare e mostrare i dati. Tanto per rendere l’idea, è qualcosa che si avvicina a un Tableau o un Klipfolio.

Come per tutte le novità succulente, non vedo l’ora di metterci le manine sopra e giocarci a più non posso! voi? 😀


Mar 06 2016

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modi nuovi per tracciare cose nuove

autore: Marco Cilia categoria: codice di monitoraggio

In verità una delle tre “cose nuove” è in giro da un po’ di tempo, ma soltanto ora Google mette a disposizione uno strumento nativo.
Autotrack.js è una libreria made in Google per il tracking dei cosiddetti siti monopagina, o applicazioni monopagina: quei siti che si risolvono tipicamente solo con uno scrolling o con ancore che fanno scrollare i contenuti.
Il post ufficiale ci informa che con una semplice modifica del codice di monitoraggio possiamo importare il plugin autotrack e iniziare a modificare il codice della pagina in modo che comunichi da sola le azioni dell’utente a GA. Le azioni che possono essere monitorate in modo semplice sono:

  • click su link esterni e compilazione di form
  • cambio di url su applicazioni monopagina (tipicamente con l’uso di #ancore alla fine dell’url)
  • eventi tracciati con la sola modifica dell’HTML della pagina
  • tracking delle media query e dei cambi, ad esempio se cambia l’orientation del device o viene stretta la finestra

Tutte queste operazioni sino ad ora non erano impossibili da tracciare, ma richiedevano comunque un effort discreto a seconda delle possibilità e delle tecnologie utilizzate. Avere una libreria ufficiale indubbiamente sarà di aiuto.

La seconda novità è il lancio ufficiale delle pagine AMP, introdotte in beta in autunno per farle conoscere ai publisher e adesso sdoganate da Google: si tratta di un progetto per rendere il caricamento degli articoli editoriali pressoché istantaneo sui dispositivi mobile, aumentando l’esperienza d’uso. Ora, come si tracciano queste pagine che hanno una struttura particolare e imposta da Google? per prima cosa va dichiarato dentro a un tag CHE COSA andremo a tracciare e DOVE invieremo i dati, attraverso una struttura di dati particolare. Questo funzionerebbe per qualsiasi richiesta di tracking per la quale si sa come costruire l’invio dei dati, ma ovviamente i maggiori vendor hanno collaborato con Google e quindi esistono delle sintassi “facilitate”: ad esempio alcuni nomi che troviamo sono Adobe, Chartbeat, comScore e ovviamente Google Analytics, la cui documentazione specifica è qui. Ad esempio, ecco uno script molto semplice per il track delle sole pageview


<amp-analytics type="googleanalytics" id="analytics1">
<script type="application/json">
{
  "vars": {
    "account": "UA-XXXXX-Y"  // Replace with your property ID.
  },
  "triggers": {
    "trackPageview": {  // Trigger names can be any string. trackPageview is not a required name.
      "on": "visible",
      "request": "pageview"
    }
  }
}
</script>
</amp-analytics>

Aggiungere eventi significa dichiarare a priori che un click su un certo elemento dovrà essere trattato come tale, con quale categoria vada tracciato e con quale action; idem per le interazioni sociali o altri elementi. A seconda quindi del numero di interazioni possibili lo script potrebbe essere anche lunghetto da gestire, ma di contro il numero di diverse azioni possibili su una pagina AMP non è così elevato. Si possono comunque prevedere tracking aggiuntivi lavorando un po’ con i dev, ad esempio vi suggerisco di leggere questo post di E-nor.

Terza novità di questi giorni sono gli instant articles di Facebook, lo stesso concetto delle pagine AMP ma calate nel contesto di Facebook, ovvero leggere il contenuto senza abbandonare l’esperienza utente di FB. Anche in questo caso, il tema di come tracciarli è trattato in un capitolo apposito della documentazione, e non richiede modifiche pesanti alla pagina perché il tutto viene incluso con un iframe. In questo caso quindi si può utilizzare un TagManager senza grossi problemi, almeno sulla carta. L’instant article viene in ogni caso trattato come una pagina del vostro sito aperta tramite il browser interno dell’applicazione di Facebook.

E’ un mondo che cambia in fretta, bisogna sapersi adattare in fretta 🙂